Per la medicina la malattia è localizzata nel corpo, per chi la vive la malattia è radicata nella vita e quindi in un tempo, in uno spazio, in un intreccio di relazioni e di emozioni.
Non solo.
La malattia è radicata anche nella propria identità professionale e nelle attività concrete che si svolgono per guadagnarsi da vivere.
Tenendo conto poi che i lavori non sono tutti uguali e neppure le condizioni ed i diritti come lavoratrici lo sono, viene da sè che se ad ammalarsi di tumore al seno è una lavoratrice autonoma ed una libera professionista, non la si può trattare come se fosse una lavoratrice "normale".
Il problema è, invece, che chi ti deve gestire nel sistema sanitario nazionale, chirurghi, oncologi, radioterapisti, fisiatri, fisioterapisti questa sottile differenza proprio non la percepiscono. Non so se dipende dal fatto che tutti loro, poverini, appartengono alla categoria dei lavoratori "normali", tutti dipendenti che, per quanto possano essere frustrati, scontenti, oberati di lavoro, hanno i loro bei diritti sindacali e le loro garanzie in caso di malattia.
Ad eccenzion fatta per la figura dello psiconcologo il cui mestiere è ascoltare ed empatizzare (altrimenti che ci sta a fare lì), per tutti gli altri operatori sanitari, anche nella più grande buona fede e disponibilità, è un'impresa assai ardua riuscire anche solo lontanamente a capire come si può sentire una lavoratrice autonoma in tutti i passaggi che caratterizzano un tumore al seno.
Io l'ho ripetuto a destra e manca a tutti. All'inizio come sottolineatura e preoccupazione per il futuro (sapevo a cosa sarei andata incontro), dopo un pò con grande ansia, impazienza e sollecitazione ad agire perchè ciò che loro proponevano, le loro decisioni, le loro informazioni, tutto ciò che riguardava le mie cure e la fase post-operatorioa impattava pesantemente sul mio lavoro, sulla mia capacità lavorativa, sui miei costi e quindi sulla mia sopravvivenza.
Ad un certo punto, quando ormai si erano già configurate sbavature evidenti, a più livelli e ruoli, nelle prassi ospedaliere che avevano ritardato notevolmente la presa in carico delle mie problematiche post-chirurgiche, l'ho anche urlato piangendo. Lo sguardo che ricevevo era più tendente al genere "cerchiamo di calmarla che è un pò stressata poverina, ma è comprensibile, in fin dei conti le hanno tolto un tumore....".
Ma di una reale comprensione della questione nemmeno l'ombra lontana.
Ma è così difficile, dico, immedesimarsi in una persona che non ha uno stipendio fisso e che non potendo più assicurare con regolarità un'attività performante si troverà con il culo decisamente per terra?
Ed è così difficile, anche senza scomodare moralismi e compassionevoli buddhità, immaginare che tutto questo possa complicare il processo di guarigione, l'accettazione delle terapie proposte, l'efficacia delle stesse, insomma che abbia un cavolo di interazione sistemica con la malattia?????
Per me è stato così eccome. Il mio tipo di attività professionale ha pesato enormemente in TUTTE le decisioni che ho dovuto prendere.
Io comunque non mi arrendo perchè questa cosa mi fa veramente moooooolto arrabbiare.
Già è estremamente fastidioso sopportare di non avere, legalmente, gli stessi diritti delle altre lavoratrici (e questo è decisamente dimostrato).
Ma dover anche assistere all'assoluta indifferenza rispetto alla tua condizione di "diversità", è intollerabile.
Non c'è cosa più ingiusta che trattare tutti nelle stesso modo.
Continuerò a rompere i maroni a tutti.
Non me ne volete.
Continuerò a rompere i maroni a tutti.
Non me ne volete.
Naturalmente considerando che le tasse e i contributi all'INPS i lavoratori autonomi li versano, per pagare pensioni e malattie ai dipendenti. Non si tratta di fare la guerra tra poveri ma è una questione di equità.
RispondiEliminaDaniela, lo scrivo qui ma lo scriverei in qualsiasi tuo articolo,ti ammiro tantissimo, anche io sono donna e lavoratrice autonoma (e ho cresciuto 2 figli da sola), e devo ringraziare di non essermi mai ammalata, se no non ce l'avrei mai fatta. Grazie per la lotta che conduci per tutte/i noi! Un abbraccio! Giusi
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