Questa statua meravigliosa raffigura "La fiducia in Dio" di Lorenzo Bartolini. L'opera gli fu commissionata da Rosa Trivulzio rimasta vedova nel 1833 che chiese a Bartolini una statua
che esprimesse il suo totale abbandono nella fede dopo il lutto.
Bartolini dette forma a questi sentimenti attraverso una giovane figura
nuda, seduta, con le mani giunte in atteggiamento devoto.
Io non sono una credente, ma questa meravigliosa donna la trovo perfetta per rappresentare il concetto di Fiducia che mi è molto più vicino rispetto a quello di fede cristiana.
Fiducia è per me credere che qualsiasi cosa mi accade, a maggior ragione un tumore al seno, si materializza da una sorta di intelligenza sistemica naturale e si manifesta per il mio bene.
L'avere questo tipo di Fiducia distrugge il concetto stesso di malattia, in quanto essa smette di essere un nemico ed un disturbo rispetto ai miei piani di vita e diviene il modo escogitato dall'esistenza per farmi evolvere più rapidamente, per distogliere l'attenzione e l'energia da cose che magari mi stanno distraendo rispetto alla mia strada. Tutte le volte che giudico qualcosa che mi accade come sbagliato lo faccio tenendo presente solo le limitate variabili che umanamente mi è concesso di tenere sotto controllo contemporaneamente (le infinite altre, le ignoro). Ogni volta che mi dispero per una "negatività" mi oppongo ed entro in conflitto con l'esistenza intera di cui io stessa faccio parte e quindi entro in conflitto con me stessa. Non è così che potrò affrontare un tumore al seno. La domanda giusta non è "perchè? ma "cosa posso imparare da questo?, "come questo mi renderà una persona migliore?", "come questo mi avvicina alla mia piena realizzazione?".
L'avere questo tipo di Fiducia distrugge il concetto stesso di malattia, in quanto essa smette di essere un nemico ed un disturbo rispetto ai miei piani di vita e diviene il modo escogitato dall'esistenza per farmi evolvere più rapidamente, per distogliere l'attenzione e l'energia da cose che magari mi stanno distraendo rispetto alla mia strada. Tutte le volte che giudico qualcosa che mi accade come sbagliato lo faccio tenendo presente solo le limitate variabili che umanamente mi è concesso di tenere sotto controllo contemporaneamente (le infinite altre, le ignoro). Ogni volta che mi dispero per una "negatività" mi oppongo ed entro in conflitto con l'esistenza intera di cui io stessa faccio parte e quindi entro in conflitto con me stessa. Non è così che potrò affrontare un tumore al seno. La domanda giusta non è "perchè? ma "cosa posso imparare da questo?, "come questo mi renderà una persona migliore?", "come questo mi avvicina alla mia piena realizzazione?".
Qualcun altro potrà dire "come tutto questo mi avvicina di più a Dio".
Continuo a non vedere tutta questa differenza......
In ogni caso, la malattia, come sostiene Salvatore Brizzi nel suo libro Risveglio, rende "la guarigione un problema di Santità, e non di Sanità".
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