venerdì 17 ottobre 2014

L'appello di un medico: evitate la trappola della "guerriera" che lotta contro il cancro al seno

Peter B. Bach è un medico che ha visto morire la moglie di cancro al seno. E' uno che l'argomento lo conosce bene eccome. Il 12 agosto 2014 ha scritto un bellissimo articolo che ho divorato letteralmente. Sono parole vere, emozionanti, realistiche e concrete che mostrano l'altra faccia del cancro al seno, quella che in genere non viene presentata. Ho deciso quindi di tradurlo e condividerlo. Sono riflessioni forti, molto forti che volano leggere sul  mito della "breast cancer warrior".

L'articolo del dott. Bach va capito. E' facile travisarlo soprattuto se siamo immersi fino al collo nell'atteggiamento della "guerriera che combatte il cancro BB (brutto bastardo)". E' facile liquidare l'uomo Peter, addolorato ed affranto per la morte della moglie, semplicemente come una persona depressa che vede tutto nero e che cerca di contagiare anche gli altri. Ma chiaramente non è così. Lo spessore di questo articolo è veramente elevato e sarebbe già tantissimo se la lettura di queste righe rendesse le nostre menti anche solo un po' più aperte e critiche. Senza farci perdere, ovviamente, l'amore per la vita, l'atteggiamento positivo, la voglia di andare avanti che nessuno mette in discussione, Afrodite K per prima (e lo dimostra ogni giorno dall'estate 2013).

Ecco le parole del dott. Bach....

Pochi mesi fa, ero ad un pranzo per raccogliere fondi per il Gilda's Club, un'organizzazione di sostegno per coloro che vivono con il cancro, quando ho ascoltato le notizie su Good Morning America riguardo la giornalista televisiva Amy Robach che descriveva la propria storia recente con il cancro al seno. E una storia che la Robach ha raccontato in molte interviste televisive ed è una storia di cancro raccontata in modo sbagliato e dannoso.
Io conosco il cancro. Sono un medico in una clinica che si occupa di cancro e mi sono preso cura di molte pazienti che hanno il cancro al seno. Lavoro in un gruppo che si occupa degli aspetti sanitari e politici del cancro e quindi so come i pazienti con il cancro vengono trattati. Ho portato le mie consulenze a molte organizzazioni che stabiliscono gli standard per lo screening del cancro e la sua cura. E mia moglie è morta di cancro al seno pochi anni fa.
Ogni centimetro della star televisiva con tacchi alti, gambe lunghe ed un sorriso Mentos la rende "fuori luogo" fin dall'inizio. La mammografia le ha salvato la vita, dice. Ma questo lei non lo poteva sapere prima.
Alcuni esperti dicono che circa 1 decesso per cancro al seno su 5 viene evitato dalla mammografia. Ma altri dicono addirittura che sia più vicino allo zero. La posizione della Preventive Services Task Force degli Stati Uniti è che le mammografie a partire da 50 anni sono assolutamente ragionevoli, ma anche così, solo una donna su 200 donne, con una proiezione a 10 anni, ridurrà il rischio di morire di questa malattia. Alcune organizzazioni, come l'American Cancer Society, sono più severe, sostenendo che occorre iniziare a 40 anni e fare gli screening ogni anno. L'organizzazione riconosce che solo una donna su 2.500 ridurrà il proprio rischio iniziando a fare la mammografia prima. In un'intervista esclusiva alla rivista, la Robach, che è ha 40 anni, ha completamente cancellato questo ricco dibattito dichiarando: "Fate gli screening. Ogni anno. Niente scuse".
Ma l'efficacia della mammografia non è l'unica cosa su cui la Robach fa dichiarazioni fuorvianti. Ha continuato a dirci di avere voluto togliere il suo seno sano insieme a quello che aveva il cancro, definendolo "il trattamento più aggressivo" Ha detto alla rivista People che ha scelto questa strada perché vuole andare in giro per lauree e nipoti. Ma le donne a rischio medio di cancro al seno (cioè, che non hanno il difetto genetico che Angelina Jolie porta) aumentano la probabilità di sopravvivenza di meno della metà dell'1% scegliendo la chirurgia preventiva della Robach. Nessun esperto o linee guida suggeriscono la scelta di Robach come standard per la cura, molti sostengono che questa scelta non sia appropriata.
La disinformazione dei messaggi della Robach non mi meraviglia. "Fate gli screening" è un messaggio più facile da comprendere rispetto alla complessa realtà della malattia vera e propria. Quello che mi ha sorpreso è che queste dichiarazioni siano state fatte da una giornalista il cui compito dovrebbe essere quello di raccontare e spiegare le sfumature, non di distogliere lo sguardo dal problema concreto facendone un'analisi superficiale ed approssimativa.
Anche l'atteggiamento principale che la Robach propugna mi ha turbato. "Ho preso il cancro a calci nel sedere!". Ecco cosa ha raccontato, scandendo ogni sillaba in mezzo agli applausi. Recentemente se n'è uscita fuori con la frase "Combatti come una ragazza!" L'uso pugilistico della metafora della lotta non è una novità, l'American Cancer Society ha una spada nel suo logo. Non avrei dovuto stupirmi, invece mi sono venuti i brividi ugualmente.
Se la Robach ha preso a calci nel sedere il cancro, allora che dire delle 40.000 donne che quest'anno moriranno di cancro al seno, proprio come ha fatto mia moglie? Moriranno forse per la loro mancanza di forza d'animo?.
Ho iniziato a chiedermi se la Robach pensa che il cancro al seno è un gioco a somma zero in cui le sopravvissute sono tutte dei Muhammed Alì che raccolgono tutte le loro forze per rialzarsi e fare un altro round, mentre quelle che muoiono sono tutte dei Joe Fraziers, troppo stanche e disidratate per risollevarsi ancora una volta. Questo è un mondo deterministico dove la negazione ascetica e l'auto-mutilazione sono garanzie di salvezza, mentre tutte le altre strade portano alla morte.
Questa visione del mondo è molto dannosa. Sono fondamentalmente d'accordo con le raccomandazioni della American Cancer Society ma quando la Robach sostiene che una mammografia le ha salvato la vita, questo implica che le donne che stanno ora morendo di malattia e non hanno una mammografia prima dei 50 anni sono colpevoli, anche se molte organizzazioni dicono che hanno fatto una scelta ragionevole?.
Nel Club di Gilda (Gilda Radner era una donna che morì tragicamente di cancro ovarico 25 anni fa) è una sorta di santuario dove le persone affette da cancro possono entrare in contatto con esperienze e drammi simili. E' pieno di Joe Fraziers, che condividono le loro perdite e paure per sentirsi meno soli. Le famiglie possono partecipare alle riunioni ed ai gruppi di sostegno. E' un luogo pervaso dalla gioia e venato di tristezza, perché la semplice verità è che molti dei suoi membri stanno prendendo calci dal cancro e non il contrario.
Nella sua intervista sulla rivista del Federal Government’s National Institutes of Health la Robach dichiara che "ci sono quasi 2 milioni di sopravvissute al cancro al seno in questo paese e vivono in modo eccellente." Dichiara anche che il cancro al seno ti lascia più forte, dannatamente vicina all'invicibilità.
Ma che dire di quelle donne che adesso invece hanno problemi cardiaci, l'arto dolorante e gonfio o stanno male per i trattamenti? Sono fiorenti? La Robach sa che tra questi 2 milioni di sopravvissute ci sono migliaia e migliaia di persone che hanno metastasi o sono malati terminali? Il cancro ti lascia più forte?.
Spero davvero che la signora Robach abbia una vita lunga, gioiosa e sana. Spero che lei non abbia mai bisogno del Gilda's Club. Ma a differenza della Robach, so come medico e come marito che la malattia controlla il destino della persona molto più di quanto sia vero l'inverso. L'atteggiamento positivo è importante. Ricevere cure adeguate è fondamentale. Ma se si vuole capire il cancro, si deve anche comprendere che il dado è stato gettato spesso molto prima del momento in cui qualsiasi medico trova le prime cellule mutate.
So di cosa sto parlando. Anche mia moglie sembrava bellissima con i tacchi.

Fonte originale dell'articolo

Anche Lori Marx-Rubiner presidente del METAvivor Research and Support commenta le parole del dott. Bach sulla "performance" della Robach in un suo articolo recente (16 agosto 2014) intitolato "Dear Mrs Robach". "......Mi chiedo cosa ne pensi di una donna, di 35 anni con un marito ed un figlio di tre anni, a cui è stato diagnosticato il cancro al seno come alla Robach e che se volesse avere altri figli questo sarebbe un possibile fattore per una recidiva, che ha avuto lo stesso intervento ha avuto lei e che probabilmente ha fatto una chemio più aggressiva, che ha fatto la sua brava terapia ormonale per 5 anni solo per scoprire che tutto quel tempo il cancro era in agguato nella profondità delle sue ossa? Non ha combattutto abbastanza duramente? E' una persona cattiva? I suoi medici, forse, erano meno bravi dei suoi? E' incapace di comprare i guantoni rosa da boxe, o qualsiasi altra stronzata rosa? O forse è solo più debole, mentre lei è forte? Non basta stare su un palco a gridare luoghi comuni sulla mammografia e la lotta dura. Non basta la forza per illudersi sul decorso del cancro. Non basta rivendicare con forza che siamo tutte "splendide, eccezionali e vive" o più forti perchè abbiamo vissuto l'esperienza del cancro. Quanto coraggio ci vuole per svegliarsi ogni giorno sapendo che non c'è una cura. Quanto coraggio ci vuole per la madre di un adolescente sapendo che, date le probabilità, non lo vedrà mai laureato, e sa che sarà improbabile ballare al suo matrimonio, o tenere in braccio un nipotino. Quanto coraggio ci vuole per passare da un trattamento ad un altro, vedendoli fallire. Ci vuole una forza incredibile per gridare ad una folla tutta-rosa che lì non ci sono quelle più disgraziate perchè non è divertente averle intorno visto che sono la prova vivente delle loro più grandi paure. Ci vorrebbe la forza di prendere posizione contro queste folle rosate per dare voce a quelle che solitamente tacciono. Le "sopravvissute" hanno un sacco di celebrità portavoce. La comunità del carcinoma mammario metastatico, no.....".

11 commenti:

  1. questo solco che si sta venendo a creare tra "sopravvissute" e donne con recidiva o metastasi però è una cosa negativa.

    Ho molto rispetto per l'esperienza e il dolore del dr. Bach ma quella che critica ai tacchi a spillo e all'aspetto della Robach (come se certe cose fossero ormai riservate a chi non ha mai avuto un tumore) mi è parsa infelice e davvero non aggiunge nulla a ciò che il dottore voleva dire. Riprendere Robach perchè non aveva un aspetto abbastanza "malato" non mi pare giusto.

    comunque la metafora della lotta (anche senza guantoni rosa) dovrebbe servire a dare coraggio a chi ha fatto questa tremenda scoperta ed è giustamente terrorizzato, in nessun caso dovrebbe colpevolizzare chi muore

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    1. Il medico di cose ne dice tante ma proprio tante, e l'osservazione sui tacchi non è certo "il succo" del discorso ma semplicemente una battuta molto sarcastica. Ci sono situazioni dove per "scrollare" un pò occorre fare anche questo

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    2. Per quanto riguarda il solco, in realtà è esattamente l'opposto. La polemica è proprio perchè questo solco sparisca perchè tutte ma proprio tutte siamo appese (ricordo alle varie Anastacie in giro che gridano vittoria sul cancro e lo twittano al mondo che il cancro al seno è brutto proprio perchè altamente recidivante anche a distanza di 15/20 anni. è questa si chiama realtà non "negatività")

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    3. so che il succo del discorso era un altro ma volevo solo esprimere una perplessità

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    4. Sinceramente non comprendo neanche io il solco fra donne che convivono con metastasi e donne "guarite" dopo i cinque anni dalla diagnosi. Ovviamente come si farebbe a dare animo a una donna già provata nelle proprie certezze e nella propria femminiltà mostrandole dei restroscena e un futuro abominevoli e terrorizzanti? Ovviamente l'immagine della bella donna sui tacchi serve a togliere l'immagine demoniaca a questa malattia e a smitizzarla, questo perchè il malato oncologico vien e altrimenti visto con terrore e addirittura discriminato ( parlo di mie esperienze personali). Siamo seri, muore molta più gente di arresto cardiocircolatorio o malattie del sangue che non di cancro al seno. Io sono una sopravvissuta e ho fatto chemio, radio, ormonale, chi più ne ha più ne metta e rispetto ovviamente chi, come Daniela, ha optato per soluzioni terapeutiche diverse; dopo i primi momenti di dubbio ho deciso di fare chemio preventiva e non me ne sono pentita. Il "mostro" visto dall'interno fa meno paura; so che potrebbe tornare, so anche come e quando, perchè dei bravi medici mi hanno informata. So anche che esistono tantissime donne che convivono con le metastasi e che, grazie alla scienza, hanno comunque una vita piena e normale. Posso anche dire che, grazie alla diagnosi precoce e alla mammografia, sono ancora qui. A sgambettare sui tacchi. In barba a quelli che volgiono fare pietismo o terrorismo, noi siamo qua e si, siamo coraggiose come dicono. Vero Daniela Fregosi?

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    5. Certo che sì, quoto tutto!! Manca solo un pezzo..... pure a chi parla del cancro in modo meno "rosa" non manca solarità, voglia di vivere, voglia di andare avanti e desiderio di serenità. L'atteggiamento di chi va avanti nella consapevolezza che non ci sono certezze su un tema ancora molto misterioso come il cancro (anche per la medicina ufficiale), non va confuso automaticamente con negatività, depressione, volontà di portare sfiga. Questo è ciò può essere attribuito, in modo assolutamente interpretativo, da fuori. Il coraggio si può esprimere in molti modi diversi. Morale? Viva la diversità e ognun lo viva un pò come gli pare........

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  2. vorrei sapere molto cortesemente il tuo pensiero sulla campagna " nastro rosa " sui social vedo che è divenuto molto popolare! sono perlopiù donne che non hanno avuto la cattiva sorte come me, io sono diventata diffidente xchè come sappiamo gli scopi non sono semprex buone cause .aziende che ci vendono veleni e poi fare propaganda buonista, grazie e tanta salute a te! paola

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    1. Beh, nel blog ne parlo in abbondanza, ti puoi sbizzarrire leggendo nella categoria "Ottobre Rosa": http://tumoreseno.blogspot.it/search/label/Ottobre%20Rosa

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    2. ed anche "Cancro al seno & business": http://tumoreseno.blogspot.it/search/label/Cancro%20Seno%20%26%20Business

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  3. Signora Daniela Fregosi, io sono stata operata ad aprile 2012, la scoperta l'ho fatta in febbraio sempre 2012 con una mammografia a cui è seguita una ecomammo. Preso in tempo "pare" era uno solo e non due come parso all'inizio, come detto sono stata operata ho fatto poi 30 sedute di radioterapia e ora proseguo col farmaco "Letrozolo" quello dei 5 anni, sono al 29° mese di cura, dolori tanti (da farmaco, non da cancro) Sicuramente morirò anch'io, magari di cancro ma sicuramente non per quello che ho TOLTO due anni fa! Il suo articolo NON MI PIACE PER NULLA se avessi letto sta roba a suo tempo, magari non mi sarei curata, per caso lei ha aderenze con le pompe funebri???? Mi vien da pensarlo. Io porto i tacchi, mi vesto bene, mi curo, il mio bell'aspetto fa star bene me e chi mi ama...Col mio esempio positivo ho potuto aiutare parecchie persone malate come lo ERO io, a mia volta sono stata aiutata da chi c'è "passata prima": Come ex tumorata mi sento in DOVERE di contestare articoli come il Suo! Carla Ercoli

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    1. Non ho da commentare molto altro se non dire che l'articolo non è mio ma la traduzione di un articolo scritto da un medico che conosce molto bene il tema del cancro al seno. Può piacere o non piacere e su questo c'è poco da aggiungere. Sicuramente tocca tasti delicati e inserisce informazioni che possono essere anche scomode da digerire. Una cosa però non ce la dobbiamo scordare mai: occorre tenere diviso ciò che sono i fatti (che il cancro al seno sia una tipologia di cancro recidivante e che possa portare alle metastasi è un dato di fatto) dalla nostra modalità di reagire a questi fatti (le modalità sono praticamente infinite, tutte legittime, ognuno sceglie la sua e la può pure cambiare nel tempo). Si può non volersi informare affatto, si può voler cancellare la parola tumore dal dizionario, chiamarsi ex tumorata e gridare al mondo che si vinto il cancro, si può vivere ogni giorno come fosse l'ultimo e trasformare la propria vita in una magia. Insomma chi più ne ha più ne metta. Quindi che dire..... Grazia Carla per averci raccontato il tuo modo di viverlo il cancro. Punto.

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