lunedì 22 dicembre 2014

Malattia e povertà: la nuova emergenza delle partite iva

E' un tema che Afrodite K ha già trattato in passato, ma alcuni recenti articoli e la recente Legge di Stabilità lo rendono di nuovo attuale. Sulla carta siam tutti d'accordo che di fronte ad una patologia oncologica il SSN ci tratta come cittadini (e non come lavoratori) e, per esempio, concede il famoso codice 048 (esenzione ticket per tumore) a tutti, dall'imprenditore, all'impiegato, dall'artigiano al precario, dal freelance al commerciante. Questo sulla carta, ma con la carta si sa cosa ci si può fare.... Esiste un intreccio diabolico ed allarmante tra malattia (soprattutto grave e prolungata), lavoro autonomo e nuove povertà che la Petizione lanciata ha evidenziato benissimo. Analizziamo qualche dato.

Soffermiamoci sui dati che emergono dall'articolo di Roberto Ciccarelli apparso sul Manifesto "I nuovi poveri sono gli autonomi a partita iva".
"L'Osservatorio dei lavori dell’associazione 20 mag­gio ha presentato a Roma ad ottobre 2014 il terzo rap­porto sui dati della gestione sepa­rata dell’Inps. Su mille euro gua­da­gnati ad un auto­nomo reste­ranno in tasca 515 euro con­tro i 903 di un lavo­ra­tore dipen­dente. Gli iscritti a que­sta cassa dell’Inps hanno un com­penso lordo medio di 18.640 euro, un red­dito netto da 8.670 euro annui per 723 euro mensili."
Ciccarelli prosegue "Par­liamo di un pro­le­ta­riato a tutti gli effetti che non ha diritto alle tutele uni­ver­sali con­tro la malat­tia e versa con­tri­buti per una pen­sione, ma rischia di non avere una pen­sione. I suoi con­tri­buti ser­vono oggi a coprire i debiti delle altre gestioni Inps, quella dei diri­genti ad esem­pio. Que­sti lavo­ra­tori non hanno diritto agli ammor­tiz­za­tori sociali ma con i loro com­pensi pro­du­cono un Pil pari a 24 miliardi e assi­cu­rano all’Inps un get­tito di 5 miliardi e 805 milioni annui. Que­sti dati dimo­strano che i pre­cari finan­ziano il Wel­fare senza avere nulla in cam­bio. Al danno si aggiunge dun­que la beffa".

Anche il Rapporto della CGIA (Associazione Artigiani e Piccole Imprese) di Mestre evidenzia che 1 lavoratore autonomo su 4 è a rischio povertà. "Dal 2008 al primo semestre del 2013, si registrano 349mila autonomi che hanno chiuso la loro attività, pari al -6,3%, laddove i lavoratori dipendenti sono diminuiti del -3,8%. Nel 2013 il 24,9% degli autonomi ha vissuto con un reddito disponibile inferiore a 9.456 euro annui, ovvero sotto all soglia di povertà calcolata dall’Istat. Per quanto riguarda la fascia con reddito da pensioni, il 20,9% ha percepito un reddito al di sotto della soglia di povertà, mentre per quelle dei lavoratori dipendenti il tasso si è attestato al 14,4% (quasi la metà rispetto al dato riferito alle famiglie degli autonomi)."  Inoltre “A differenza dei lavoratori dipendenti quando un autonomo chiude definitivamente bottega non dispone di alcuna misura di sostegno al reddito. Ad esclusione dei collaboratori a progetto che possono contare su un indennizzo una tantum, le partite Iva non usufruiscono dell’indennità di disoccupazione e di alcuna forma di cassa integrazione in deroga e/o ordinaria/straordinaria”

L'articolo di Quotidiano Sanità "Salute e povertà"  sottolinea come nel Libro Bianco "Equità nella salute" si evidenzi "come le disuguaglianze di salute costituiscano anche un fattore di inefficienza , perché rappresentano un freno allo sviluppo sociale ed economico di un Paese, in quanto presuppongono l’uscita precoce dal mercato del lavoro di individui altrimenti produttivi, un maggior costo a carico del servizio sanitario, delle politiche assistenziali e del welfare, così come una ragione di minore coesione sociale, con un impatto complessivo stimato intorno al 10% del Pil. Se si potesse intervenire sui meccanismi che generano queste disuguaglianze fino ad eliminarle, calcola il libro, si potrebbero guadagnare notevoli miglioramenti di salute, ad esempio riduzioni della mortalità che arrivano fino al 50% tra i giovani adulti maschi."

L'articolo "L'allarme dell'oncologo Serravezza: i poveri rinunciano a curarsi" apparso sul Corriere di Mezzogiorno nel quale il medico denuncia i tempi di attesa molto lunghi di alcuni esami che costringono le persone a farli a pagamento. Il problema, e di questo Serravezza però non parla (ma del resto non lo fa nessuno), è che se queste persone sono anche lavoratori autonomi fermi per patologie gravi o prolungate, non stanno fatturando, non hanno indennità di malattia (o se ce l'hanno sono economicamente solo "simboliche") e continuano ad essere rincorsi da tasse e costi fissi legati alla professione, abbiamo fatto Bingo. Altro che farsi gli esami a pagamento....... non ci stanno i soldi manco per campare.

Adesso con la recente Legge di Stabilità che ha ulteriormente affossato le partite iva della gestione separata con un ulteriore aumento di 2 punti dell'aliquota Inps (che arriverà nel 2015 al 29,72%), la situazione peggiorerà ulteriormente.
Tu pensa se, in una situazione già drammatica di per sè, un lavoratore autonomo si ammala anche. C'è proprio da ridere, anzi no.
Eppure mi sembrava che qualcuno avesse parlato di "ammortizzatori universali". Ah già, ma noi non esistiamo e nell'universalità non ci rientriamo.

Conclusioni? Mentre gli Statali scendo in piazza e protestano per il blocco degli stipendi, i veri nuovi poveri sono le partite iva che non possono manco curarsi se si ammalano gravemente. L'imperativo per loro dal 2015 è "pagare di più, ammalarsi di meno".
E quindi? Quindi non si tratta di togliere diritti a certi lavoratori per darne ad altri, questo è ovvio. La guerra tra poveri avvantaggia solo chi la strumentalizza. Ma sui diritti di base non ci si scherza. Il diritto ad un'esistenza dignitosa è sancito dalla nostra Costituzione come pure quello della tutela dei lavoratori in difficoltà (compresa quella della malattia). Se esistono degli ammortizzatori sociali non è possibile prevederli per alcuni lavoratori escludendone TOTALMENTE altri. E su questo chiunque abbia il coraggio di replicare è autorizzato a vergognarsene!

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