Ecco la storia di mio marito, lavoratore autonomo dal 1986, libero professionista e storico promotore finanziario di un noto istituto bancario italiano. Mio marito ha dato tutto per il lavoro, purtroppo dovendo spesso trascurare anche la sua famiglia. Non c’erano sabati né domeniche, quando il cliente aveva bisogno di lui, lui c’era. Poi un giorno nel 2007 gli diagnosticarono un carcinoma mammario (perchè sì, colpisce anche gli uomini pur se in misura minore).
All’inizio fu un duro colpo e non riuscì a lavorare per un po’. Venne operato e anche se sofferente, ricominciò ad andare dai clienti, alle riunioni, facendo fronte a tutti suoi impegni di sempre, nonostante le difficoltà fisiche e psicologiche del caso e nonostante le numerose terapie. Ogni tanto mi permettevo di suggerirgli di rallentare il ritmo ma lui sosteneva che non poteva fermarsi, era un lavoratore autonomo con partita Iva, non un dipendente e se si fosse fermato, nessuno gli avrebbe assicurato lo stipendio e nessuno avrebbe potuto pagare le tasse per lui…Si sentiva sopraffatto dagli impegni professionali ed economici oltre che dalla malattia. Ma lui era un coraggioso, uno che non si arrende alla prima difficoltà e imperterrito ha continuato a lottare, fino alla fine. Spesso mi diceva che non era giusto che i lavoratori autonomi, gli agenti di commercio come lui che sono sempre in giro in auto per lavoro, non abbiano quelle tutele che hanno i dipendenti quando si ammalano. In fondo essere sempre in giro in auto non è come stare dietro ad una scrivania….con tutto il rispetto per gli impiegati ovvio. Non scendo in altri particolari, vi dico solo che voleva vivere e che ha lottato per 6 lunghi anni ma INPS ed EQUITALIA non gli hanno fatto sconti di nessun tipo…anzi….
Nonostante tutto però è riuscito a sorridere fino al suo ultimo giorno, anche se gli stessi suoi colleghi lo hanno in un certo senso emarginato perché era ammalato. Persone che lo hanno lasciato solo e nelle quali lui aveva creduto e alle quali aveva dato molto, persone che si sono dimenticate che aveva una famiglia e che sono sparite dalla sua vita senza sostenerlo nel momento di maggior necessità.
Noi, la sua famiglia, eravamo lì, lo abbiamo visto soffrire, lottare, lavorare fino alla fine con una dignità che non so descrivervi. Quella di un lavoratore autonomo da sempre, di quelli che sono fieri di esserlo anche se poco tutelati..
Non aggiungo altro, credo di aver detto tutto.
Silvia M. (Milano)
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