Afrodite K ha scovato una ricerca molto interessante sulla condizione delle lavoratrici autonome in Europa realizzata con il finanziamento della Commissione Europea da Eurocadres (Karima Zahi, Pro Firmus, Bruxelles, Belgio e Richard Poláček, consulente esterno in politiche sociali, Praga, Repubblica Ceca). Si tratta di una fotografia che può aiutarci a capire meglio cosa succede quando una lavoratrice autonoma incontra la malattia.
La ricerca, pubblicata nel marzo 2013, ha evidenziato quanto segue per quanto riguarda il diritto alla protezione sociale.
C'è scarsa ricerca quantitativa sulle condizioni sociali delle lavoratrici autonome. Soltanto pochi paesi (ad esempio Austria, Germania, Italia e Paesi Bassi) hanno intrapreso percorsi di ricerca sulla condizione sociale e i diritti di protezione sociale dei lavoratori autonomi e in particolare delle lavoratrici autonome. Non vi è alcuno studio su scala europea che permetta la comparazione sulla base di dati.
In molti paesi europei, i lavoratori autonomi si trovano in una posizione socialmente al margine, dato che hanno un reddito annuale spesso prossimo o inferiore alla soglia di povertà. Ciò è vero in particolar modo per i lavoratori autonomi delle cosiddette free professions che non fanno parte delle libere professioni tradizionali (medici, avvocati, ecc.).
Alcuni studi in Austria, Belgio e Germania sottolineano l’esistenza del fenomeno dei “lavoratori poveri” tra gli autonomi, specialmente tra i lavoratori in proprio senza dipendenti a carico. Questo fenomeno riguarda molto più le lavoratrici autonome che i loro colleghi uomini. Inoltre, studi austriaci
rivelano che il rischio di povertà infantile è maggiormente elevato per i figli dei lavoratori autonomi. Per essere in grado di avere un reddito sufficiente per vivere, tali lavoratori autonomi devono spesso fare affidamento, laddove possibile, sul sostegno della famiglia.
I diritti di protezione sociale delle lavoratrici autonome sono limitati. Un quadro molto frammentato emerge da un’analisi dei vari paesi dell’Unione Europea. In diversi paesi (ad esempio in Austria, Belgio, Italia e Paesi Bassi), il sistema di sicurezza sociale è considerato poco adatto ai modelli di lavoro e reddituali dei lavoratori autonomi, anche a causa dell’impossibilità per i lavoratori autonomi di fruire di alcuni diritti di sicurezza sociale a fronte di un obbligo di contribuzione eccessivo nei periodi di basso reddito.
In altri (ad esempio in Danimarca, Finlandia, Polonia e Svezia), i diritti di protezione sociale dei lavoratori autonomi e dei dipendenti sono simili, con qualche eccezione in alcuni paesi, per quanto riguarda le indennità di disoccupazione. Tuttavia in questi paesi si riscontrano alcune difficoltà che si traducono in una limitazione de facto dei diritti di sicurezza sociale. In particolare, ciò avviene per le lavoratrici autonome in stato di gravidanza o per le giovani madri che non godono a pieno delle prestazioni di maternità o di congedi parentali, soprattutto perché non possono permettersi di rimanere fuori dal mercato del lavoro e perdere quindi opportunità contrattuali e reddituali.
Alcuni paesi hanno istituito speciali sistemi di sicurezza sociale per alcune categorie di lavoratori autonomi. È il caso, ad esempio, della Germania, dove le liberal professions (medici, avvocati, ecc.) possono generalmente contare su una migliore protezione sociale. Sempre in Germania, i lavoratori autonomi impiegati nei settori dei media e della cultura possono beneficiare, a determinate condizioni, di un fondo speciale di sicurezza sociale. In Italia, vi sono schemi pensionistici e di sicurezza sociale specifici per alcune professioni qualora siano esercitate in maniera autonoma. In Spagna, i “lavoratori economicamente dipendenti” hanno diritti speciali di sicurezza sociale che includono le ferie annuali, l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, e contro la cessazione d’attività.
In molti paesi i lavoratori autonomi sono esclusi da prestazioni di sicurezza sociale come congedi di malattia, inabilità al lavoro, ferie retribuite, congedi parentali e indennità di disoccupazione.
In molti paesi i periodi di totalizzazione necessari per ottenere il diritto alle prestazioni di sicurezza sociale (come ad esempio i congedi di malattia) sono spesso più lunghi per i lavoratori autonomi che per i lavoratori dipendenti, sia perché i lavoratori autonomi possono decidere di versare contributi più bassi, sia perché la normativa nazionale stessa impone periodi di maturazione/totalizzazione diversi. Nella realtà, molti lavoratori autonomi non usufruiscono dei congedi in caso di malattia, poiché temono di perdere la committenza e con essa la fonte di reddito.
Quello della salute e sicurezza è un tema delicato per i lavoratori autonomi in molti paesi. In Italia, ad esempio, i datori di lavoro obbligano i lavoratori indipendenti a occuparsi autonomamente della propria salute e sicurezza sul posto di lavoro, situazione che si dimostra difficile in particolare per alcune professioni, ad esempio per gli archeologi autonomi. In Svezia, le lavoratrici autonome che si espongono a lavori nocivi per la salute durante la gravidanza non hanno diritto a ricevere nessuna prestazione.
Il diritto a usufruire del congedo di maternità è in genere lo stesso per i lavoratori dipendenti e per i lavoratori autonomi in diversi paesi europei. Tuttavia, l’ammontare delle prestazioni di maternità è spesso legato al livello di reddito. Ciò si riflette in guadagni insufficienti per le lavoratrici autonome con i redditi più bassi. Nella realtà, in quasi tutti i paesi, le lavoratrici autonome non si avvalgono per intero del loro diritto al congedo di maternità, a causa del timore di perdere le commesse. In Polonia, le donne in congedo di maternità devono continuare a versare dei contributi previdenziali, nonostante
non guadagnino alcun reddito.
Molti lavoratori autonomi sono obbligati a contribuire a un fondo pensione privato per beneficiare di una pensione soddisfacente. Rispetto ai colleghi uomini, molte lavoratrici autonome non investono sufficienti somme nel fondo pensione, il che lascia loro redditi insufficienti proprio nel momento della pensione (ad esempio, nei Paesi Bassi, la pensione è disponibile soltanto sul mercato assicurativo privato ad un costo proibitivo, che si traduce in un 50% di lavoratrici autonome prive di un regime pensionistico).
In alcuni settori e paesi, i lavoratori autonomi non possono beneficiare dei diritti sociali negoziati nei contratti collettivi. In alcuni paesi (ad esempio in Danimarca e in Svezia) i diritti afferenti a questa categoria possono essere considerevoli. In Danimarca i contratti standard negoziati dai sindacati per i lavoratori autonomi senza dipendenti cercano di compensare questo squilibrio.
Le lavoratrici autonome sostengono le responsabilità maggiori per la cura dei figli e dei familiari. Un’altra importante differenza nella condizione sociale delle lavoratrici autonome è che, nonostante i graduali cambiamenti nei modelli familiari e di partenariato (e degli atteggiamenti sociali verso i ruoli di genere), nella maggior parte delle famiglie le lavoratrici autonome continuano a detenere le responsabilità principali per la cura dei figli e dei familiari. Inoltre, in molti paesi, la mancanza di strutture per l’infanzia (adeguate e convenienti) rende molto difficile per le lavoratrici autonome poter combinare la loro carriera con le responsabilità di cura dei figli, e di raggiungere quindi un equilibrio sostenibile tra vita e lavoro.
La ricerca, pubblicata nel marzo 2013, ha evidenziato quanto segue per quanto riguarda il diritto alla protezione sociale.
C'è scarsa ricerca quantitativa sulle condizioni sociali delle lavoratrici autonome. Soltanto pochi paesi (ad esempio Austria, Germania, Italia e Paesi Bassi) hanno intrapreso percorsi di ricerca sulla condizione sociale e i diritti di protezione sociale dei lavoratori autonomi e in particolare delle lavoratrici autonome. Non vi è alcuno studio su scala europea che permetta la comparazione sulla base di dati.
In molti paesi europei, i lavoratori autonomi si trovano in una posizione socialmente al margine, dato che hanno un reddito annuale spesso prossimo o inferiore alla soglia di povertà. Ciò è vero in particolar modo per i lavoratori autonomi delle cosiddette free professions che non fanno parte delle libere professioni tradizionali (medici, avvocati, ecc.).
Alcuni studi in Austria, Belgio e Germania sottolineano l’esistenza del fenomeno dei “lavoratori poveri” tra gli autonomi, specialmente tra i lavoratori in proprio senza dipendenti a carico. Questo fenomeno riguarda molto più le lavoratrici autonome che i loro colleghi uomini. Inoltre, studi austriaci
rivelano che il rischio di povertà infantile è maggiormente elevato per i figli dei lavoratori autonomi. Per essere in grado di avere un reddito sufficiente per vivere, tali lavoratori autonomi devono spesso fare affidamento, laddove possibile, sul sostegno della famiglia.
I diritti di protezione sociale delle lavoratrici autonome sono limitati. Un quadro molto frammentato emerge da un’analisi dei vari paesi dell’Unione Europea. In diversi paesi (ad esempio in Austria, Belgio, Italia e Paesi Bassi), il sistema di sicurezza sociale è considerato poco adatto ai modelli di lavoro e reddituali dei lavoratori autonomi, anche a causa dell’impossibilità per i lavoratori autonomi di fruire di alcuni diritti di sicurezza sociale a fronte di un obbligo di contribuzione eccessivo nei periodi di basso reddito.
In altri (ad esempio in Danimarca, Finlandia, Polonia e Svezia), i diritti di protezione sociale dei lavoratori autonomi e dei dipendenti sono simili, con qualche eccezione in alcuni paesi, per quanto riguarda le indennità di disoccupazione. Tuttavia in questi paesi si riscontrano alcune difficoltà che si traducono in una limitazione de facto dei diritti di sicurezza sociale. In particolare, ciò avviene per le lavoratrici autonome in stato di gravidanza o per le giovani madri che non godono a pieno delle prestazioni di maternità o di congedi parentali, soprattutto perché non possono permettersi di rimanere fuori dal mercato del lavoro e perdere quindi opportunità contrattuali e reddituali.
Alcuni paesi hanno istituito speciali sistemi di sicurezza sociale per alcune categorie di lavoratori autonomi. È il caso, ad esempio, della Germania, dove le liberal professions (medici, avvocati, ecc.) possono generalmente contare su una migliore protezione sociale. Sempre in Germania, i lavoratori autonomi impiegati nei settori dei media e della cultura possono beneficiare, a determinate condizioni, di un fondo speciale di sicurezza sociale. In Italia, vi sono schemi pensionistici e di sicurezza sociale specifici per alcune professioni qualora siano esercitate in maniera autonoma. In Spagna, i “lavoratori economicamente dipendenti” hanno diritti speciali di sicurezza sociale che includono le ferie annuali, l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, e contro la cessazione d’attività.
In molti paesi i lavoratori autonomi sono esclusi da prestazioni di sicurezza sociale come congedi di malattia, inabilità al lavoro, ferie retribuite, congedi parentali e indennità di disoccupazione.
In molti paesi i periodi di totalizzazione necessari per ottenere il diritto alle prestazioni di sicurezza sociale (come ad esempio i congedi di malattia) sono spesso più lunghi per i lavoratori autonomi che per i lavoratori dipendenti, sia perché i lavoratori autonomi possono decidere di versare contributi più bassi, sia perché la normativa nazionale stessa impone periodi di maturazione/totalizzazione diversi. Nella realtà, molti lavoratori autonomi non usufruiscono dei congedi in caso di malattia, poiché temono di perdere la committenza e con essa la fonte di reddito.
Quello della salute e sicurezza è un tema delicato per i lavoratori autonomi in molti paesi. In Italia, ad esempio, i datori di lavoro obbligano i lavoratori indipendenti a occuparsi autonomamente della propria salute e sicurezza sul posto di lavoro, situazione che si dimostra difficile in particolare per alcune professioni, ad esempio per gli archeologi autonomi. In Svezia, le lavoratrici autonome che si espongono a lavori nocivi per la salute durante la gravidanza non hanno diritto a ricevere nessuna prestazione.
Il diritto a usufruire del congedo di maternità è in genere lo stesso per i lavoratori dipendenti e per i lavoratori autonomi in diversi paesi europei. Tuttavia, l’ammontare delle prestazioni di maternità è spesso legato al livello di reddito. Ciò si riflette in guadagni insufficienti per le lavoratrici autonome con i redditi più bassi. Nella realtà, in quasi tutti i paesi, le lavoratrici autonome non si avvalgono per intero del loro diritto al congedo di maternità, a causa del timore di perdere le commesse. In Polonia, le donne in congedo di maternità devono continuare a versare dei contributi previdenziali, nonostante
non guadagnino alcun reddito.
Molti lavoratori autonomi sono obbligati a contribuire a un fondo pensione privato per beneficiare di una pensione soddisfacente. Rispetto ai colleghi uomini, molte lavoratrici autonome non investono sufficienti somme nel fondo pensione, il che lascia loro redditi insufficienti proprio nel momento della pensione (ad esempio, nei Paesi Bassi, la pensione è disponibile soltanto sul mercato assicurativo privato ad un costo proibitivo, che si traduce in un 50% di lavoratrici autonome prive di un regime pensionistico).
In alcuni settori e paesi, i lavoratori autonomi non possono beneficiare dei diritti sociali negoziati nei contratti collettivi. In alcuni paesi (ad esempio in Danimarca e in Svezia) i diritti afferenti a questa categoria possono essere considerevoli. In Danimarca i contratti standard negoziati dai sindacati per i lavoratori autonomi senza dipendenti cercano di compensare questo squilibrio.
Le lavoratrici autonome sostengono le responsabilità maggiori per la cura dei figli e dei familiari. Un’altra importante differenza nella condizione sociale delle lavoratrici autonome è che, nonostante i graduali cambiamenti nei modelli familiari e di partenariato (e degli atteggiamenti sociali verso i ruoli di genere), nella maggior parte delle famiglie le lavoratrici autonome continuano a detenere le responsabilità principali per la cura dei figli e dei familiari. Inoltre, in molti paesi, la mancanza di strutture per l’infanzia (adeguate e convenienti) rende molto difficile per le lavoratrici autonome poter combinare la loro carriera con le responsabilità di cura dei figli, e di raggiungere quindi un equilibrio sostenibile tra vita e lavoro.
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