lunedì 14 aprile 2014

Ecco i numeri dell'Inps che giustificano il mio sciopero fiscale

"Ma dai..., cosa ti lamenti a fare, versate poco e quindi avete poco in termini di diritti previdenziali. Andate a farvi una bella assicurazione va...., invece di rompere!". Ecco l'obiezione più frequente che un lavoratore autonomo si trova a gestire quando si lamenta per la mancanza di tutele assistenziali da parte dell'Inps in caso di grave malattia. E invece le cose non stanno proprio così..... Afrodite K è sempre più convinta della sua disobbedienza fiscale. Leggetevi assolutissimamente l'articolo di Anna Soru, ricercatrice economica e presidente di ACTA intitolato "L'Inps lucra anche sulle nostre prestazioni assistenziali".

E’ ormai noto da tempo: i contributi pensionistici della gestione separata servono a coprire il rosso dell’INPS che deriva da altre gestioni. Dall’esame dei dati relativi alle prestazioni assistenziali emerge però che anche su queste gli iscritti alla gestione separata ricevono solo il 41% di quanto versano.
Le indennità di malattia degli iscritti alla gestione separata sono bassissime (soprattutto per la malattia domiciliare), non spettano a tutti e non coprono le malattie più lunghe, come ha evidenziato Daniela Fregosi con la sua battaglia.
Le indennità di maternità sono più significative, ma il calcolo è effettuato in maniera non equa (è parametrata ad un reddito annuo che in genere si riferisce anche ai mesi dopo la nascita del bambino) e i congedi parentali sono brevi e riservati alle sole mamme.
Quando facciamo presente tutto ciò, in genere ci viene risposto: “E’ vero, ma d’altra parte voi versate molto poco per le prestazioni assistenziali, solo lo 0,72% del reddito imponibile”. Insomma nessun pasto è gratis!
Ma è davvero così? Ciò che versiamo non può permettere di garantire prestazioni migliori?
I dati ci dicono di no, che ci viene restituito solo il 41% di ciò che versiamo e che quindi ci sono spazi per migliorare nettamente le prestazioni con l’attuale aliquota.
La verifica non è stata agevole.
L’INPS ha doveri di trasparenza, ha un osservatorio statistico e ogni anno pubblica un rapporto, i bilanci (preventivo e rendiconto) e anche un bilancio sociale. Ma in nessuna di queste pubblicazioni è fornita chiara evidenza delle entrate e delle uscite INPS relative alle prestazioni sociali delle singole gestioni. Occorre usare più fonti in parallelo. Nello specifico il rendiconto generale e gli osservatori statistici.
Nel secondo tomo del rendiconto generale relativo al 2012 da pag. 328 sono riportati i dati di bilancio della gestione separata, riassunti nella tavola successiva (dati in migliaia).
In verde le voci che ci interessano: quasi 7,5 miliardi di contributi e poco più di mezzo miliardo di prestazioni.
Niente di nuovo: da anni l’attivo della gestione separata serve a compensare il passivo di altre gestioni molto più generose. Ci è stato spiegato che ciò è coerente con un sistema a ripartizione e che altri pagheranno per le nostre pensioni. Una spiegazione che ha molti buchi e che sorvola sull’iniquità del divario di diritti tra noi e gli attuali pensionati. Ma in ogni caso non è applicabile alle prestazioni assistenziali, la cui gestione dovrebbe essere equilibrata. Tutte le entrate dovrebbero essere usate per garantire attualmente le migliori prestazioni possibili, che ricordiamo, per il 2012 comprendono indennità di maternità, congedi parentali), assegni familiari, malattia ospedalizzata e domiciliare.
Lo schema di bilancio del rendiconto finanziario non distingue tra prestazioni pensionistiche e assistenziali, ma nella spiegazione del bilancio si precisa che le spese per prestazioni non pensionistiche ammontano a 53 milioni “costituite soprattutto dalle spese di indennità di maternità e di paternità (32 mln) e assegni familiari (18 mln)”. E la malattia? La relazione non vi fa cenno (per pudore?). Comunque i conti sono presto fatti: 53-32-18= 3 milioni. Una cifra davvero irrisoria per coprire le malattie di oltre un milione di contribuenti! Una cifra che attesta in maniera lampante che la tutela della malattia è sostanzialmente assente per gli iscritti alla gestione separata.
Più complicato capire quanto l’INPS incassa con lo 0,72%.
I dati sui contributi complessivi riguardano la totalità dei contribuenti, inclusi pensionati e dipendenti che non versano lo 0,72%.
Dagli Osservatori statistici INPS è possibile ricostruire con alcune interrogazioni quanti contributi sono stati versati complessivamente da collaboratori e professionisti che hanno aliquota del 27,72%.
I dati sui contributi complessivi sono abbastanza simili a quelli riportati nel rendiconto (un po’ più bassi) e quindi possono essere usati per un raffronto coerente con le uscite.
Quasi 5 miliardi sono stati versati dai contribuenti tenuti a pagare le prestazioni assistenziali. Con una semplice proporzione posso calcolare quanto è stato versato con lo 0,72%, che è pari a:
(4.946.486.913 x 0,72)/27,72 = 128.480.180, ben più del doppio dei 53 milioni che ci vengono restituiti!
Certo nel 2012 non erano ancora erogate le indennità di malattia domiciliare e i congedi parentali. Ma anche ipotizzando che le giornate di malattia domiciliare siano state il doppio di quelle di malattia ospedaliera e che tutte le mamme abbiano utilizzato i congedi parentali, i versamenti per prestazioni assistenziali non avrebbero superato il 50% di quanto incassato con lo 0,72% (1).
E allora c’è spazio, senza bisogno di altre coperture (o di alternative mutualistiche), per un significativo miglioramento delle prestazioni, attraverso:
  • La ridefinizione delle indennità di malattia su valori che siano effettivamente sostitutivi del reddito (es. per la malattia ospedaliera 80% del reddito come per la maternità, per la malattia domiciliare il 30% come per i congedi parentali, usando come parametro il reddito prima della malattia);
  • La copertura dei periodi di malattia con versamenti pensionistici figurativi;
  • L’ampliamento dell’accesso alle indennità di malattia a tutti i contribuenti che abbiano versato almeno 3 annualità nel corso della propria vita lavorativa;
  • L’equiparazione della degenza domiciliare alla degenza ospedaliera quando si è sottoposti a terapie invasive;
  • L’eliminazione del limite di 61 giorni annui che penalizza le malattie di lunga durata, che invece dovrebbero essere quelle maggiormente tutelate;
  • Il calcolo dell’indennità di maternità sulla base del reddito dell’anno precedente la nascita del bambino;
  • L’ampliamento e l’estensione ai papà dei congedi parentali.

(1) Le spese per malattia sarebbero state non 3 ma 6 milioni di euro (l’indennità di malattia domiciliare è la metà di quella ospedalizzata), mentre l’erogazione dei congedi parentali sarebbe costata al massimo 7,2 milioni di euro (nell’ipotesi che le indennità di maternità siano state erogate tutte per 5 mesi, quindi senza gravidanze a rischio, all’80% del reddito e che tutte le mamme abbiano utilizzato i 3 mesi di congedi parentali pagati al 30%, i congedi parentali sarebbero stati = indennità di maternità/80/5x30x3, ovvero 7,2 miliardi. Totale spese assistenziali= 53+3+7,2= 63,2 milioni di euro, pari al 49,2% dei contributi assistenziali.

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