lunedì 24 febbraio 2014

Lavoratrici autonome e tumore: quando il lavoro viene prima della salute, siamo alla frutta

Questa storia, per ovvi motivi, è anonima, ma assolutamente importante. Ringrazio la donna che me l'ha inviata perchè dimostra cosa succede quando oltre a dover combattere con le complicazioni post chirurgiche che, come in tutti gli interventi, possono crearsi, ci si mettono anche le difficoltà di conciliare lavoro autonomo e malattia. Tutta la storia potrebbe riassumersi nelle parole in grassetto, in quel "nonostante". Quando una persona non è libera di preoccuparsi e dedicarsi completamente ai problemi di salute, siamo arrivati alla frutta!."Sono una grafica freelance e mi sono trovata costretta a lavorare nonostante le numerose e frequenti visite e medicazioni, in condizioni terribili per lo stress e la stanchezza fisica che tutta la situazione da incubo che sto per raccontarvi mi ha comportato.

Io sono stata operata per un carcinoma mammario a gennaio 2010. L'idea della mastectomia mi ha gettata nel panico. Ho affrontato la malattia a testa alta con la convinzione che fosse un segnale chiaro che indicava un cambiamento intimo, profondo e netto con la persona che ero stata prima. Ma l'idea di restare senza un seno mi faceva inorridire. Avevo una 2a scarsa che si era un po' rovinata dopo i 9 mesi di allattamento ma reggevano ancora bene la gravità. Il mio seno seppur piccolo era sempre stato una parte del corpo di cui andavo fiera. Mi sono documentata, ho cercato di informarmi e mi sono convinta di non voler sostituire con la plastica le parti che sarebbero venute a mancare. Mi hanno parlato dl TRAM, impianto del muscolo dell'addome, come un intervento validissimo che dava buoni risultati e mi avrebbe permesso di avere da subito una tetta quanto più simile alla sorella. E non sarei dovuta tornare in sala operatoria per il tagliando dopo 15 anni.  Vivevo la mastectomia come una mutilazione e non ne faccio un discorso estetico (non sono una bellezza né lo sono mai stata, sono una persona normale) ma era un malessere profondo che sfociava nell'angoscia. Il chirurgo plastico mi ha spiegato l'intervento molto superficialmente (ma a me bastava). Ero decisa. Avevo bisogno di trovare delle certezze che l'intervento sarebbe durato molto di più, che avrei portato dei drenaggi e che la ferita sarebbe stata simile a quella di un taglio cesareo sotto gli slip, quindi non visibile. Peccato che ha omesso alcune cose che nel tempo ho potuto scoprire da sola e che mi continuano, dopo 4 lunghi anni, a rovinare la vita. Dalla foto potete rendervi conto  dei risultati dell'intervento. Ad oggi non solo ho un seno mal fatto e incompleto, ho una pancia devastata (grazie anche allo stafilococco aureo preso in sala operatoria e che ancora mi "occupa" dall'interno provocandomi fistole che si aprono ciclicamente sull'addome) e dulcis in fundo da qualche tempo la rete che mi hanno impiantato la posto del muscolo addominale, cedendo, ha creato una protuberanza che cresce abbastanza rapidamente nella zona sopra il pube. Dal 2011 ho subito piccoli interventi per tentare di debellare lo stafilococco dal momento che con l'infezione non si può sostituire tutta la rete perché la nuova si infetterebbe subito. Non mi ha operato il salumiere ma un chirurgo plastico rinomato di Roma. Sono stata il suo ultimo capolavoro prima della meritata pensione. Poiché ho fatto causa ai medici e all'ospedale loro hanno scritto nella loro relazione che è fuori luogo che una persona che ha avuto un tumore lamenti "piccole ferite cicatriziali".
Non ce la faccio a mettere il mio nome e cognome sotto questa storia ma ho voluto comunque mandartela perchè credo che sia giusto divulgare le nostre esperienze per far capire quanto come donne lavoratrici autonome i nostri patimenti si raddoppino."


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3 commenti:

  1. I macellai sanno come tagliare la carne... quelli che hanno fatto questo scempio meritano altro che denuncia! SONO MOSTRI CHE VANNO BLOCCATI URGENTEMENTE!!!

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  2. dssgiu ha insiato il seguente commento (cancellato erroneamente):
    "Mi dispiace molto per la Sua storia.
    Con il miglioramento dell'efficacia delle cure oncologiche, rimane il problema grandissimo della riabilitazione del paziente ad una vita "equilibrata" post-intervento, problema che spesso viene considerato "minore". Eppure la qualità di vita è fondamentale per la vita stessa e la tutela della salute andrebbe considerata a 360 gradi.
    Le auguro di ritrovare serenità, NONOSTANTE, l'indignazione e le ferite che porta con sé, perché lei ha in dono per fortuna la vita.
    Auguro a tutti noi che la sanità resti pubblica e che una maggiore tutela degli autonomi possa garantire l'accesso a cure dignitose per i giorni necessari e il sostentamento nella vita quotidiana anche nelle fasi in cui non sia possibile lavorare."

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