sabato 15 febbraio 2014

Lavoratrici autonome e tumore: la storia di Simona D.

Sono un’Art Director, una creativa ed a maggio 2013 ho scoperto di avere un tumore al seno avanzato, con coinvolgimento dei linfonodi. Sono stata freelance dal ’98 al 2000, quando ho deciso di aprire una piccola società. Un’agenzia di comunicazione. Un sogno realizzato, perché amavo il mio lavoro e desideravo farlo per bene. Non come ero costretta a svolgerlo lavorando per altri. Sfruttata, senza qualità né meritocrazia. Il lavoro è andato bene per molto tempo. Ho vinto tante gare importanti e sono arrivata ad avere molti collaboratori. Poi, negli ultimi tre anni, alcuni clienti hanno deciso di non pagare grosse produzioni ed io, decidendo di saldare comunque tutti i miei fornitori, mi sono ritrovata con la legge dalla parte dei clienti furbi e nuovamente sola.
A ricominciare tutto da capo. Cosa successa peraltro anche dopo la mia gravidanza, perché sia in caso di maternità sia in caso di malattia i clienti spesso si spaventano e ti abbandonano. Smettono di pensare che ce la farai e, allora, tu devi ricominciare tutto da zero. Nel 2005, dopo la nascita di Alice, ce l’avevo fatta a ripartire. La allattavo mentre parlavo al cellulare con un nuovo cliente o stendevo un nuovo preventivo. E salvavo tutto il salvabile. Aprendo la mia società, nel 2000, per legge sono stata costretta ad iscrivermi sia alla gestione commercianti che alla gestione separata, pagando quindi i contributi previsti sia per una forma pensionistica che per l’altra. Ho versato circa 79.000 euro per la gestione separata e 83.000 euro per la gestione commercianti. Più, ovviamente, le tasse, l’ires, l’irpef, ecc. Senza mai sgarrare di una virgola.
Quando a maggio 2013 mi hano diagnosticato un tumore al seno avanzato, mi hanno praticato mastectomia e dissezione ascellare, il che significa ritrovarsi a vivere con dolori atroci (ad oggi dormo ancora seduta) e con meno possibilità d’uso del braccio. Non posso guidare a lungo e neppure svitare un barattolo, per intenderci. Accertata la malattia, mi sono recata al Patronato per svolgere tutte le pratiche pensionistiche legate all’invalidità civile. Mi hanno riconosciuto la pensione per i contributi versati: 274 euro lordi mensili, che corrispondo a circa 200 euro netti. Mi hanno riconosciuto l’invalidità civile al 100% (con revisione a giugno 2014) ma, nonostante questo, mi hanno negato la pensione di invalidità, perché nel 2012 vantavo un reddito superiore al minimo previsto di 13.000 euro lordi. Peccato che, per un libero professionista, il lordo includa anche tutte le infinite spese fisse e non che un freelance inevitabilmente si sobbarca: i software, i viaggi, le bollette, ecc. Tutto. Fatto presente al patronato che il riferimento doveva essere relativo all’anno 2013 e non al 2012, ho ripresentato tutta la documentazione e sono in attesa di risposta. Ora il mio reddito è in linea con i 16.000 euro lordi previsti per legge ma, nonostante la nuova normativa preveda il solo riferimento al reddito del malato, l’Inps richiede anche il reddito del coniuge. Quindi vedremo. Non nutro grandi speranze, purtroppo. Rispetto ad un lavoratore assunto, che ha diritto al mantenimento del posto fisso e dello stipendio, il lavoratore autonomo è completamente discriminato. Versa un’infinità di contributi e tasse, si assume ogni rischio (senza essere mai protetto davvero dalla legge) ma, quando incorre la malattia, se non ha risparmi propri praticamente si ritrova abbandonato al 100%. Oltretutto in una situazione che lo obbliga a mille visite ed esami che portano via un’infinità di tempo. Circa l’indennità per malattia, ho scoperto che, avendo versato doppi contributi per legge (gestione commercianti e gestione separata), non ho diritto a nulla. Ho pagato di più di chi è iscritto alla sola gestione separata ma, a quanto pare, proprio per questo non posso richiedere l’indennità di malattia. E questa è l’ennesima ingiustizia. Non so come possa tirare avanti e sopravvivere un lavoratore nelle mie condizioni. Non lo so proprio. Sembra una società basata su regole capovolte.

Simona D., Art Director (Milano)

Ascolta l'intervista (dal minuto 12,35) rilasciata da Simona a Radio Radicale il 14 febbraio 2014

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2 commenti:

  1. Tutto quello che ho letto mi lascia basita ma non incredula perchè nell'Italia di oggi mentre si fa un gran parlare di conquiste e lotte e grande umanità - all'atto dei fatti se stai male e ti devi curare se non hai i soldi puoi anche morire.

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  2. MI chiamo Riccardo Prezioso, sono molto dispiaciuto per l'esperienza di Daniela alla quale faccio i miei complimenti per la forza il coraggio e la tenacia. Sono anche vicino a Simona e al suo travaglio, comune a tutti quelli che entrano del business di Kancropoli. L'aspetto più triste non è l'insensibilità di questo sistema plutocrautico ove poche famiglie al mondo attraverso il potere delle banche, pilotano la classe politica del pianeta, no, non è questo l'aspetto triste. E' triste vedere gli effetti che il potere delle lobby farmaceutiche che assieme alle società petrolifere e tabacchiere costituiscono le colonne dalla plutocrazia che hanno ipnotizzato miliardi di persone, programmandone i bisogni e fornendo contemporaneamente le soluzioni. E via quindi alla cura del kancro secondo il business dei kemioterapici, che invece di guarire sono kancerogeni, tossici e di pericolosissima manipolazione per i sanitari addetti e che contengono sostanze tossiche per una persona sana, mentre per una che con le neoplasie diviene medicina. Lo sapete che in alcuni kemioterpici sono stati inventati molti anni fa come armi chimiche per l'esercito???????
    Tutto questo per dirvi che sono: 1° disponibile a dare tutta l'informazione a che desideri aprire la propria mente ed informarsi VERAMENTE su cosa sia Kancropoli e i sui misfatti, 2° massimo sostegno a chi è nel gorgo e vuole uscire, 3° solidarietà nella lotta alle istituzioni ( ma nel modo giusto non con le petizioni che non gli fanno neppure solletico !!!!, ).
    Chiunque desideri ricevere le info di cui sopra mi scriva a: prez.riki@iol.it e gli invierò un link di dropbox per poter scaricare i documenti.
    Concludo con un momento i riflessione su senso della vita. Il senso della vita è vivere, vivere è rischiare in continuazione, se non rischi non vivi. Non morire nelle tue convinzioni, rischia di cambiare idea e di aprire la tua coscienza. Questo è il valore primario dell'essere vivi.
    Il diritto alla salute è un diritto naturale dell'uomo. Quando sei malato lo squilibro tra mente, corpo e spirito danneggia l'universo, Lascia che l'universo che ha in se ogni soluzione si prenda cura di te. Non lasciare questo potere ai dottori servi ed assassini, traditori dei principi di Ippocrate.

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