lunedì 9 marzo 2015

Qualità della vita dopo un cancro: non basta sopravvivere, occorre anche lavorare

Viste le statistiche sulle patologie oncologiche (in futuro 1 persona su 2 si ammalerà di tumore nell'arco della propria vita) medicina e società stanno cominciando ad interessarsi, non solo alla prevenzione, ma anche a ciò che succede alle persone una volta che il cancro se lo sono beccato comunque. La chiamano qualità della vita dopo un cancro. Purtroppo tra tutti gli aspetti presi in considerazione il rapporto "cancro e lavoro" è quello meno analizzato.
Per fare un esempio, il titolo di un articolo su Healthdesk "Dopo il cancro non basta sopravvivere" è molto esemplificativo ma al suo interno non c'è il minimo accenno alla questione "lavoro".
Come se una persona al momento di una diagnosi di tumore, divenisse immediatamente abitante di un altro pianeta dove si vive d'aria, non si ha bisogno di lavorare per andare avanti e tutto piove dal cielo compresi i i soldi extra che occorrono per curare un cancro.
Forse lavorare e mangiare non contribuisce alla qualità della propria vita?
Forse si pensa che l'unica idea fissa di chi ha avuto una diagnosi di cancro, sia sopravvivere e non morire?
Beh, le cose non stanno così proprio per niente perchè la fame in certi casi (non in tutti ovviamente) può essere molto più veloce di un tumore ed esistono realtà come Equitalia che sono molto più spietate ed intransigenti di un cancro.
Afrodite K affronta spesso il tema della conciliazione del cancro con la propria attività professionale approfondendo in particolar modo, le complicazioni che insorgono se il lavoratore è una partita iva ed è veramente fastidioso dover ogni volta constatare quanto, in tutta una serie di convegni dedicati alla qualità della vita del paziente oncologico, il tema lavorativo e della sopravvivenza materiale venga sistematicamente eluso.
Come per esempio, il convegno dedicato alla qualità della vita delle donne con tumore al seno che si è svolto a Catania il 18-19 settembre 2014 vedendo riuniti medici, esperti, operatori del settore per le due giornate di corso interattivo multidisciplinare “Quality of life” promosso dall’Unità operativa complessa multidisciplinare di senologia, Dipartimento materno infantile dell’AO Cannizzaro di Catania, diretta dalla dott.ssa Francesca Catalano. Bello, bellissimo. Finalmente, oltre il focus sulla prevenzione, ci si pone la questione di come vivono le donne DOPO la diagnosi di cancro al seno. Peccato che le questioni connese agli aspetti lavorativi ed economici continuano a rappresentare gli eterni esclusi. Per questo come Afrodite K ho scritto al direttore scientifico del Convegno.....
"Gentile dott.ssa Francesca Catalano, la contatto in qualità di responsabile scientifico del Convegno Quality of life sul tema del tumore al seno e della qualità della vita (ma anche come presidente di ANDOS Catania). Non le scrivo solo come Daniela Fregosi donna operata al seno ma anche e soprattutto Afrodite K, voce dei lavoratori autonomi colpiti dal cancro.
Quando ho letto il titolo dell'evento ho immediatamente tirato un respiro di sollievo perchè rispetto al cancro al seno tutti si danno un gran da fare per la prevenzione, gli screening, la chirurgia, le terapie e via andare, ma sulla qualità della vita delle donne operate al seno in pochi si sprecano. Sul rapporto poi tra donna, cancro al seno e lavoro è il deserto quasi totale (se togliamo il progetto Pro Job che però è dedicato solo alle lavoratrici dipendenti). Quindi sono andata a leggere il programma del convegno che è molto ricco (chirurgia conservativa, ricostruzione del seno, lo stile di vita alimentare, la preservazione della fertilità della donna, gestione della menopausa) sperando di trovare questo argomento trattato. Anche questa volta nulla.
Con tutto il cuore vi faccio presente (e mentre scrivo non penso solo a me ma anche alle moltissime donne che mi contattano e mi raccontano le loro storie attirate dal mio Blog e dalla battaglia sociale che sto portando avanti) che con le tette ricostruite nuove di zecca e con i corsi di trucco non si riesce a pagare bollette, mutui e ad accollarsi i costi aggiuntivi che un cancro porta con sè. Che non tutte le donne hanno accanto compagni amorevoli che oltre a dispensare coccole rappresentano degli ammortizzatori economici. Che per le lavoratrici autonome poi la qualità di vita peggiora drasticamente ed è mooolto più difficile andare avanti dopo un tumore al seno.
Comprendo benissimo su tutto questo un medico direttamente non ha potere (infatti la Petizione nazionale che ho lanciato non è indirizzata al Ministero della Salute ma a quello del Lavoro). Nonostante questo credo fermamente che queste problematiche dovrebbero essere ben conosciute anche dai medici perchè influenzano in modo pesante il modo con cui le donne gestiscono la malattia, le scelte terapeutiche che fanno (io ho rifiutato la terapia antiormonale anche e soprattutto perchè da lavoratrice autonoma che viaggia in tutta Italia non mi posso permettere effetti collaterali che mi rendano meno che performante, altrimenti non mangio).
Quando ho avuto l'incontro introduttivo con il chirurgo plastico, alle mie insistenti domande di conoscere tutte le possibili complicazioni e dinamiche connesse alla ricostruzione del seno perchè sono una lavoratrice autonoma ed ogni contatto con il sistema sanitario sono per me giornate di lavoro perse, mi sono sentita rispondere "Oh che lavoro farà mai signora!". La ricostruzione del seno ho deciso di non farla. Di episodi di questo tipo potrei raccontarne a mazzi....
Ecco perchè, a fronte del dilagare del cancro al segno tra le giovani (ancora in età lavorativa), è molto importante ragionare di qualità di vita della donna anche in relazione alla sua capacità lavorativa ed alla possibilità di sostenersi economicamente (sappiamo benissimo infatti come vanno a finire le varie richieste di invalidità civile o di assegno ordinario di invalidità)
Spero tanto che questa problematica possa un giorno essere presa in considerazione anche in ambienti più prettamente medici."
La dott.ssa Catalano molto gentilmente mi ha anche risposto invitandomi a partecipare al convegno.
Purtroppo, come ho precisato alla dott.ssa, per una lavoratrice autonoma che oltre a cercare di curarsi deve anche guadagnarsi la pagnotta, è decisamente proibitivo attraversare mezza Italia accollandosi costi e tempo investito. Afrodite K non si è ancora dotata del teletrasporto a costo zero.
In ogni caso, speriamo che prima o poi qualcuno si renda conto che in un contesto economico come quello attuale (in piena crisi) per un paziente oncologico le problematiche collegate agli aspetti materiali, economici, lavorativi sono decisamente importanti (a maggior ragione se stiamo parlando di donne) e impossibili da trascurare anche per i medici che, se non possono ovviamente risolverli, devono quanto meno contemplarli nella relazione che hanno con i pazienti perchè esse possono influire sul decorso della malattia e sulle scelte terapeutiche.
Afrodite intanto fa quel che può e prosegue la sua battaglia portando avanti la Petizione "Diritti ed assistenza per i lavoratori autonomi che si ammalano".

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