venerdì 13 novembre 2015

La facciamo arrivare la nostra voce di donne colpite dal cancro al seno fino in Texas?

Ogni anni a San Antonio, in Texas, si tiene una grande conferenza nota come San Antonio Breast Cancer Symposium. E` un evento molto importante, durante il quale vengono presentati risultati di studi sul cancro al seno ed a cui sono ammessi anche i pazienti in qualità di advocate (ma cosa si intende per advocacy?). La Alamo Breast Cancer Foundation organizza delle sessioni speciali in cui i pazienti possono interagire direttamente con ricercatori e clinici e fare domande. Quest'anno Advocates for Breast Cancer ha assegnato una borsa a Grazia De Michele, una delle promotrici, insieme ad Afrodite K e ad altre donne, della Lettera per richiedere il ritiro della Campagna Nastro Rosa della  LILT. Grazia così potrà coprire le spese (viaggio dall'Europa, soggiorno e registrazione alla conferenza) di partecipazione all'evento e rappresenterà la voce delle Amazzoni Furiose al simposio e sarà negli Stati Uniti dal 7 al 13 dicembre 2015. Ne siamo assolutamente entusiaste!!

Grazia è una persona fantastica, una giovane ricercatrice precaria che attualmente vive a Londra che dopo essere stata colpita dal cancro al seno a soli 30 ha trasformato la sua esperienza in concrete azioni di informazione ed attivismo (fa parte del network internazionale Breast Cancer Consortium e contribuisce a divulgare le attività dell'associazione statunitente Breast Cancer Action). 
Sarebbe bello se utilizzassimo il periodo che manca alla partenza della nostra Grazia per confrontarci sulle questioni che stanno più a cuore alle donne colpite dal tumore al seno, questioni sulle quali vorremmo essere ascoltare e che vorremmo fossero prese in condiderazione nelle decisioni terapeutiche e di politica sanitaria. 
Per le donne italiane è davvero un'occasione unica per far sentire la propria voce.
Non sprechiamola.
LASCIATE UN COMMENTO (o anche di piu`) sotto questo post oppure direttamente sul post del Blog "Le Amazzoni Furiose".

Io intanto inserisco le mie personali considerazioni: 
  • Visto che l'età della diagnosi di cancro al seno continua a scendere e sempre più giovani donne si trovano a dover convivere con questa malattia, vorrei che si parlasse di più e si prendessero maggiormente in considerazione tutta una serie di conseguenze che vanno oltre gli aspetti strettamente medici. Nello specifico tra i tanti cito la sessualità ed i lavoro (eterni esclusi dal dibattito) come se le donne che si ammalano improvvisamente divenissero angeli asessuati che vivono d'aria e non hanno nemmeno più bisogno di quadagnarsi la pagnotta. 
  • Vorrei che si superasse un mantra, per me davvero fastidioso e irrealistico, per il quale l'unica cosa veramente importante che ci dovrebbe preoccupare è sopravvivere (non rimanerci secche insomma). La qualità della vita in questo paradigma è assolutamente secondaria. Della serie "non ti lamentare più di tanto, che sei viva ed è grasso che cola, pensa a quelle che non ci sono più, sopporta e fai la brava donnina".
  • Vorrei che alle donne fosse realmente dato un ventaglio ricco di opzioni rispetto alle decisioni da prendere dopo l'intervento chirurgico (sopratttto in caso di mastectomia). Da un lato le possibili tecniche di ricostruzione mammaria non vengono presentate proprio tutte ed in ogni caso si da per scontato che la donna "normale" desideri ripristinare il volume e la simmetria del seno secondo parametri che altri hanno scelto per lei e che sono collegati all'attuale visione del corpo femminile (costruita in gran parte con l'approccio di chi guarda). E se una donna per esempio desiderasse essere aiutata a ripristinare un proprio e suo personale concetto di simmetria (come togliere l'altro seno sano). Se veramente la ricostruzione è fatta per andare incotro al desiderio della donna, dovrebbe essere lei la protagonista, no? ma come si fa ad essere protagoniste se le opzioni di ricostruzione e la visione del seno ricostruito sono progettate da altri?
  • Vorrei vedere sforzi e raccolte fondi concentrate sulle ricerca sì, ma non solo sulla ricerca delle terapie (che tra l'altro sono tentativi per la cura per il cancro al seno non esiste ad oggi). Vorrei leggere continuamente di studi concentrati sulle cause del cancro al seno, tutte le possibili. Vorrei numerosi studi sulle cause ambientali, soprattutto sulle sostanze utilizzate nella cosmesi e nell'igiene personale ma anche su quelle impiegate nelle pulizie domestiche e quelle che girano liberamente nell'aria che respiriamo continuamente e nel cibo che mangiamo.
  • Vorrei campagne per la prevenzione del cancro al seno etiche e coerenti. E' davvero disgustoso continuare ad intercettare iniziative dove, per esempio, si propinano ai partecipanti torte e dolcetti strapieni di zuccheri raffinati quando si conosce benissimo il ruolo del glucosio come fattore di crescita dei tumori!
  • Vorrei che si smettesse di utilizzare e strumentalizzare il corpo femminile e soprattutto il seno ogni volta che si parla di cancro al seno. Già mi infastidisce nella pubblicità, ma vederlo fare quando si tratta di malattia e di una malattia così diffusa, è veramente vergognoso. Ci sono mille modi diversi, anche metaforici e simbolici, forse ancora più potenti ed efficaci, per parlare di questa epidemia. Possibile che i creativi e gli esperti di comunicazione non riescano a trovarne? Chiaramente non vogliono.
  • Vorrei statistiche chiare ed attendibili suddivise per tipologie di tumori (dire cancro al seno è dire nulla visto che ce ne sono diversi tipi che si comportano in modo diverso) per poi prendere le MIE decisioni terapeutiche. Quanto il rischio di recidive sotto terapie? Quanto quello senza? (lo sanno per esempio gli oncologi che molte donne non hanno il coraggio di dire che non hanno iniziato o non hanno proseguito le terapie domestiche e che questo altera le statistiche?). Quanto il rischio di sviluppare metastasi a distanza di tempo con e senza le terapie?
E voi? La vostra voce quale è? Cosa vorreste mandare a dire?

2 commenti:

  1. Cara Daniela, condivido ogni tua singola considerazione...
    Per quello che è stata ed è la mia personale esperienza, cominciata due anni fa, vorrei solo aggiungere che mi piacerebbe che in tutti gli ospedali, in tutti i reparti oncologici venisse data la giusta attenzione e considerazione a tre aspetti in particolare: quello psicologico, quello nutrizionale e quello legato a "supporti alternativi" alla donna, come lo yoga, il reiki etc... Siamo ancora molto lontani dall'avere anche solo i primi due estesi in maniera capillare...
    Un'ultima considerazione riguarda il mio caso personale: sono stata operata per un carcinoma duttale infiltrante poco differenziato G3, Luminal B, minore di 1 cm, con i linfonodi liberi da metastasi e che risponde positivamente alla terapia ormonale (che sto facendo), ma nel mio caso la chemioterapia era, per alcuni ospedali, opzionale...nell'estate di due anni fa, completamente sola di fronte alle decisioni da prendere, ho scoperto che c'era la possibilità di fare un test particolare, l'Onco-type dx, che in America fa ormai parte delle linee guida nei protocolli ed è rimborsato dalle assicurazioni, mentre in Italia (dove non viene ancora recepito) è a totale carico delle pazienti (euro 3000). Si tratta di un test genomico volto a determinare le probabilità di recidiva a 10 anni...in caso di valori bassi porta ad abbattere il numero di chemio da somministrare, anche nel mio caso è servito ad abbassarne il numero, al posto di sei, quattro. Mi chiedo cosa si aspetti a recepirlo anche da noi e dal nostro SSN...Attualmente gli ospedali che danno la possibilità di farlo si contano sulla punta delle dita...io ho avuto quest'opportunità dall'Ospedale dell'Aquila.

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  2. Cara Daniela, tra tutte le voci che ho potuto consultare in rete, la tua è quella che sicuramente meglio esprime pensieri e propone azioni che reputo interessanti e costruttive riguardo alla "malattia cancro" e le "terapie attualmente proposte" e, quindi, mi preme rispondere al tuo appello per farti arrivare la mia voce.
    Sono una farmacista di 49 anni; lavoro in farmacia da soli 10 anni, prima ho lavorato per 15 anni in ricerca, in Italia, Svezia e Francia e, da quasi 20, vivo in Francia. Il mio campo di ricerca era essenzialmente incentrato sul cancro e gli ormoni.
    Ad aprile di quest'anno 2015, mi hanno riscontrato, in Francia, la presenza di un carcinoma duttale infiltrante poco differenziato G2, di 1 cm, con 1 linfonodo metastatizzato, responsivo agli ormoni.
    Mi ritengo una “paziente particolare”: conosco bene il cancro per esperienza scientifica (di ricerca e di lavoro in ambito sanitario) e umana (personale e familiare). Lo sguardo che porto su questa malattia da quando mi ha colpito in prima persona, sguardo che con fatica ho cercato di mantenere lucido, è evidentemente cambiato da quando era solo una delle mie materie di studio, o la brutta malattia dei miei genitori. Questa esperienza vissuta, benchè dolorosa e forte, mi ha fornito una comprensione incredibilmente chiara su tanto, ed ora è venuto il momento di condividere le mie osservazioni. Mi piacerebbe davvero che le considerazioni che traggo possano aiutare a fare riflettere tutti gli "attori" operanti in questa “malattia”, che proprio per la sua complessità e per la sua storia relativamente recente deve, secondo me, spingere ancora molto di più tutti a parlare, ad ascoltare, a far conoscere, a far pensare.
    Io sono riuscita e mi sto curando come ho ritenuto giusto, ed ho accettato le terapie solo dopo averne analizzato tutti i pro ed i contro, dopo averle accettate perché capite, ma non è stato facile ed anzi direi estenuante. Ho dovuto sempre insistere per andare a cercare il dialogo e l'informazione completa. Mai mi sono state presentate alternative alle terapie propostemi, ma davanti alle mie richieste di maggiori informazioni ho sempre trovato medici disponibili anche a mettersi in discussione. Ho insistito per fare tutti gli esami di stadiazione anche se nel mio caso non erano prescritti. Mi preme sostenere che ho assistito all'applicazione di protocolli meramente impersonali e mi sono ritrovata a gridare difendendo la mia unicità di paziente. Incontrando gli altri malati ho chiaramente capito che davanti al cancro, siamo tutti diversi, e davanti alle stesse situazioni possiamo, e dobbiamo, essere lasciati liberi di fare scelte personali, diverse, ma che tutte, sempre, devono essere stimolate, rispettate ed accettate senza (pre)giudizi, con interesse e curiosità, e con tanta empatia: siamo più o meno forti, più o meno incoscienti, più o meno istruiti, più o meno preparati e, di conseguenza, più o meno pronti. E a volte solo noi lo sappiamo e le nostre scelte, benchè assurde agli occhi dei più, altro non sono che il frutto di quello che sentiamo essere semplicemente il meglio per noi.
    Mi preme denunciare che siamo ancora troppo poco informati dai medici in maniera critica, e poco in maniera professionalmente completa. Troppo spesso mi sono sentita dire “fidati dei medici, tu pensi troppo”, come se la voglia e la capacità di essere attivamente coinvolti nel capire e giustificare le manipolazioni fatte sul proprio corpo fossero criticabili e rappresentassero solo un lato di un carattere battagliero, e non un corretto e lucido utilizzo del cervello per proteggere la propria vita e per fare avanzare la scienza.
    Per finire, la mia esperienza di malattia in due diversi paesi (Italia, Francia) mi ha permesso di rimarcare delle interessanti differenze.
    Ho tante tantissime cose da dire, da domani se riesco comincerò' ad elencarle tutte partendo dagli inizi della mia diagnosi. Grazie per il tuo blog, Buona serata Federica Pimpinelli

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