sabato 6 settembre 2014

"Pink Ribbons, Inc.": il documentario americano sul business del cancro al seno

Cavolo se apre la mente 'sto FILM! Merita un post tutto per sè. Nonostante il mio pessimo inglese, sono bastate le prime immagini per sentire qualcosa che saliva da dentro che si è poi sciolto in lacrime. Lacrime di rabbia, di tristezza, non so. C'è qualcosa che davvero non torna in questo modo di rappresentare il cancro al seno edulcorato da tutto questo rosa, da tutta questa allegria. Lo chiamano il fenomeno del pinkwashing. Forse in Italia ancora non siamo ai livelli degli Stati Uniti (ma ce la stiamo mettendo davvero tutta per arrivarci) ma è anche vero che non siamo nemmeno al loro livello in termini di pensiero critico e ancora ci beviamo a bocca aperta i nostri bravi Nastri Rosa. Sinceramente non so cosa è peggio. Guardate questo documentario e decidete se forse è il caso di esser un po' più consapevoli la prossima volta che state per indossare un fiocco rosa o per metterlo nella vostra bacheca Facebook. Io sinceramente ho smesso da un pò ed ho deciso di dare il mio contributo sul tema del cancro al seno in altri modi.

Guarda il Trailer del documentario con i sottotitoli in italiano

"Pink Ribbons, Inc." è un film-documentario della National Film Board of Canada (NFB) realizzato nel 2011 e riguardante le campagne Nastro Rosa (Pink Ribbon) per la regia di Léa Pool e prodotto da Ravida Din. Il film è basato sul libro del 2006 "Pink Ribbons, Inc: il cancro al seno e la politica della filantropia" di Samantha King, professore associato di studi di kinesiologia e salute alla Queen University.

Il film documenta come alcune aziende utilizzano il marketing legato al Nastro Rosa per aumentare le vendite, contribuendo solo con una piccola parte del ricavato alla causa del cancro al seno in sè. Racconta, inoltre, come le aziende usano il cosiddetto "pinkwashing" per migliorare la propria immagine pubblica mentre continuano la produzione di prodotti che potrebbero essere cancerogeni. Rispetto ai milioni raccolti da queste campagne per la ricerca sul cancro al seno, il film sostiene che non vengono utilizzati soldi sufficienti per migliorare la prevenzione o per identificare i possibili fattori ambientali del cancro al seno. Pink Ribbons, Inc. presenta interviste con personaggi critici verso le campagne del Nastro Rosa: ricercatori e malati di cancro. Viene intervistata anche Charlotte Haley, che ha iniziato una campagna con il nastro color pesca più di 20 anni fa per spingere il National Cancer Institute ad aumentare il suo budget per la ricerca sulla prevenzione del cancro. Quando la Haley è stata avvicinata da Self Magazine e dalla società di cosmetici Estée Lauder nel 1992 per usare i suoi nastri in una campagna di sensibilizzazione del cancro al seno, lei ha rifiutato, perché non aveva alcun desiderio di essere parte di un'operazione commerciale. Così la società ha cambiato il colore del nastro in rosa per eludere gli sforzi della Haley per fermare l'iniziativa. Inoltre è descritta la "IV Lega" un gruppo di sostegno del Texas per le donne con diagnosi al 4° stadio di cancro al seno, che si sentono infastidite dal movimento Nastro Rosa perché, come dicono loro, "c'è chi sta imparando a vivere e chi sta imparando a morire".
L'autrice del libro Samantha King ha definito questo tipo di campagne con l'espressione "la tirannia dell'allegria". Ravida Din, il produttore di NFB, è una sopravvissuta al cancro al seno che aveva letto il libro di Samantha King e nel 2001 l'articolo di Barbara Ehrenreich "Welcome to Cancerland" su Harper Magazine: "Inizialmente ero affascinata dal contesto economico e storico del mondo della filantropia," ha detto. "La domanda che mi ha incuriosito è stata come siamo arrivati ​​a questo tipo di cultura del cancro al seno che privilegia lo shopping come soluzione invece di arrabbiarsi e chiedere il cambiamento?".
Dopo aver sviluppato uno schema per il progetto con l'aiuto gli sceneggiatori Nancy Guerin e Patricia Kearns, Ravida Din ha iniziato a cercare il regista giusto, ed ha deciso di proporre la cosa a Léa Pool.
Il film presenta l'uso pesante e ossessivo del colore rosa, su capi di abbigliamento, nel marketing, nei monumenti illuminati come le Cascate del Niagara e l'Empire State Building mostrando anche alcuni spezzoni di manifestazioni pubbliche ed eventi di corsa (come la Komen for the Cure).

Ecco alcuni passi tradotti dalla recensione del critico cinematografico Mark Jenkins :

Il provocatorio Pink Ribbons, Inc. è una critica della "cultura del cancro al seno". Potrebbe essere definito un blitz nella beneficenza del Nastro Rosa e dei suoi partner aziendali - anche se usare questo termine vorrebbe dire emulare le metafore di guerra e di sport che lo stesso documentario rifiuta.
Come osserva una donna, descrivere il trattamento del cancro come una "lotta" o una "battaglia" suggerisce che è sempre possibile sconfiggere la malattia se le pazienti fanno uno sforzo eroico. L'implicazione è che le persone che muoiono "non stavano lottando abbastanza". 

Il cancro al seno è la forma più comune di cancro che affligge soprattutto le donne (anche alcuni uomini possono però contrarlo) Questo tipo di prevalenza spiega in parte l'ascesa del movimento del Nastro Rosa. I critici delle campagne di raccolta fondi sostengono che aziende come Avon e Yoplait sono attratti dalla causa del cancro al seno proprio per la sua connotazione "femminile". Le malattie cardiache ed il cancro ai polmoni semplicemente sono meno "rosa".
La regista canadese Lea Pool spara le sue cartucce in molte direzioni. Oltre alle interviste, le sequenze animate, le clip d'epoca provenienti da programmi di notizie e annunci di servizio pubblico, vengono mostrati eventi e campagne con il Nastro Rosa, camminate di beneficienza, l'illuminazione in rosa delle Cascate del Niagara e così via.
Le obiezioni a tali iniziative sono in parte una questione di gusto. Anche se il film dedica gran parte della sua attenzione a questioni più sostanziali, ci vuole davvero poco per irritarsi rispetto all'approccio kitsch ed alla "dittatura dell'allegria".
Pool ed i suoi due co-sceneggiatori hanno cominciato con il libro di Samantha King e la King è una delle principali voci del film. Vi sono rappresentati l'autrice Barbara Ehrenreich, una sopravvissuta al cancro al seno; l'ex chirurga dott.ssa Susan Love e l'ex leader di Action Breast Cancer Barbara Brenner.
Il testimone principale in difesa del Nastro Rosa è Nancy Brinker di Susan G. Komen for the Cure, che è stata intervistata prima della controversa (e rapidamente annullata) rottura con Planned Parenthood. Il gruppo della Brinker ha incassato 1,9 miliardi dollari per la ricerca del cancro al seno. Mentre questo è un risultato straordinario, i risultati sono meno impressionanti.
La discrepanza tra ricerca e risultati è uno dei punti più controversi della campagne del Nastro Rosa. Molti commentatori nel film sostengono che la ricerca del cancro al seno è scarsamente coordinata e focalizzata. Meno del 30% dei pazienti ha una propensione genetica per la malattia, il che significa che la maggior parte dei casi derivano da cause ambientali (relativamente ancora poco studiate in termini di prevenzione) o da sostanze chimiche che imitano gli estrogeni e perturbano il sistema endocrino umano.
Alcuni degli sponsor delle campagne Nastro Rosa sono in qualche modo implicati nell'aumento dei casi di cancro. Avon è uno dei principali sostenitori della causa, ma alcuni cosmetici contengono sospetti agenti cancerogeni. Pur incoraggiando i clienti a inviare coperchi Yoplait in cambio di donazioni per la ricerca del cancro al seno, il produttore del yogurt ha utilizzato latte che conteneva l'ormone della crescita bovina (sostanza che è vietato in molti paesi e che è stata successivamente eliminata) L'obiettivo di tali società, a parere dei loro critici, è quello di realizzare un'operazione di "pinkwashing" dei prodotti potenzialmente cancerogeni.
Tali argomentazioni scientifiche rimangono irrisolte, e questo documentario politicamente polemico non offre risposte. Ma l'indignazione del film sembra giustificata almeno su un punto: finora il movimento dei Nastri Rosa ha contribuito molto di più al marketing che alla medicina.

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