martedì 16 settembre 2014

Cancro e Lavoro: riprendere a lavorare dopo un tumore

Il rapporto cancro e lavoro sarà una questione sociale (e produttiva) sempre più importante nel futuro. Perchè? Beh, non ci vuole poi molto a capirlo. Le patologie tumorali sono in aumento (in futuro 1 persona su 2 si ammalerà di tumore), diminuiscono le percentuali di mortalità per tumore, l'età pensionabile si allontana sempre di più, i tumori aumentano tra i giovani (ancora in età lavorativa). Mettete un pò tutto insieme e fate un po' voi i conti: ci saranno sempre più persone che vorranno (e dovranno) lavorare convivendo con il cancro. Afrodite K è andata a Roma al convegno "Lavorare durante e dopo un cancro" ed è tornata a casa con un bel po' di suggestioni.


Intanto cominciamo con il precisare che forse è sarebbe meglio parlare di "riprendere" a lavorare e non "ritornare" perchè questo ultimo verbo dà un po' troppo per scontato che si ritorni in un posto di lavoro, ossia si parli di dipendenti, mentre "riprendere" recupera tutta quella fetta di lavoratori, gli autonomi, che in genere se si ammalano, non se li considera nessuno. Il linguaggio è importante, fa cultura....

Altra precisazione dovuta è sulla motivazione per la quale approfondisco maggiormente le patologie tumorali rispetto alle malattie croniche in generale (diabete, malattie respiratorie e cardiovascolari, tumori, HIV, epatite e malattie mentali). E' una questione di auto (paziente/lavoratore) ed eteropercezione (datore di lavoro/cliente). Il cancro viene maggiormente associato alla morte e percepito (a torto) come incurabile. Rispetto all'attività lavorativa viene considerato molto più spesso "una rogna" da nascondere e quindi crea problematiche specifiche. Non ce ne vogliano gli altri malatini.....

Afrodite K è stata a Roma al Convegno "Pro Job: lavorare durante e dopo un cancro. Una risorsa per l'impresa e per il lavoratore" organizzato da AIMaC, ADAPTUniversità degli Studi di Milano. Il programma ed i relatori del convegno li potete visualizzare qui. Vorrei invece soffermarmi sulle suggestioni e sulle preoccupazioni che mi sono portata a casa:
  1. L'entità della questione? Enorme. Nel 2013 in Italia sono stati diagnosticati 366.000 nuovi casi di tumore e sono 700.000 le persone con diagnosi di cancro in età produttiva. Se poi ci soffermiamo nello specifico sul tumore al seno contraddistinto dal fatto che colpisce 1 donna su 8, le giovani sono in netto aumento, le donne hanno specifiche difficoltà ad entrare nel mercato del lavoro, ci ritroviamo anche un'altra bella patata bollente da gestire.
  2. I dati statistici parlano chiaro, la persona vuole ricominciare a lavorare. Non c'è alcun dubbio che l'attività professionale rappresenta a tutti gli effetti un bisogno ed un desiderio del malato. Lo sostiene oltre il 90% degli intervistati (Sondaggio Aimac-Piepoli del 2008). Il lavoro fa parte quindi del proprio processo di guarigione, lo accelera. E questo ovviamente vale per TUTTI, non solo per i lavoratori dipendenti......La differenza però c'è perchè se sei un dipendente è molto più facile tornare a lavorarare tecnicamente parlando, mentre se sei un autonomo tra crisi e clienti che si rivolgono ad altri "sani", devi incrociare le dita e sperare forte......
  3. I dati del 4° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici realizzato da Censis-Favo evidenziano che le forme di gestione flessibile per conciliare lavoro e cure oncologiche sono ancora poco note e non influiscono in modo significativo sulla vita dei molti pazienti coinvolti. Il 78% dei malati oncologici infatti ha subito un cambiamento nel lavoro in seguito alla diagnosi: il 36,8% ha dovuto fare assenze, il 20,5% è stato costretto a lasciare l'impiego e il 10,2% si è dimesso o ha cessato l'attività (in caso di lavoratore autonomo). Pochi conoscono e utilizzano le tutele previste dalle leggi per facilitare il mantenimento e il reinserimento: solo il 7,8% ha chiesto il passaggio al part-time, un diritto di cui è possibile avvalersi con la Legge Biagi, poco meno del 12% ha beneficiato di permessi retribuiti (previsti dalla Legge 104 del 1992), solo il 7,5% ha utilizzato i giorni di assenza per terapia salvavita e il 2,1% i congedi lavorativi. Difficile soddisfare le esigenze produttive rispettando quelle legate alla cura. Questa situazione interessa anche i familiari o amici che assistono i malati in modo continuativo. Se la situazione è questa, e chiaramente si tratta di una fotografia con un nettissimo focus sul lavoro dipendente, lascio a voi intuire quale può essere la condizione dei lavoratori autonomi che non solo non possono beneficiare delle stesse tutele, ma nei rarissimi casi in cui siano presenti degli aiuti questi sono assolutamente sconosciuti dai lavoratori stessi, dai medici, dai commercialisti che li dovrebbero segnalare. Spesso pure dai patronati e dall'Inps.
  4. Non si può trattare oggi la questione cancro e lavoro senza correlarla con l'attuale crisi economica. La gente già arranca così, se si ammala seriamente e vede ridotto il proprio reddito (ed aumentare i costi, perchè, ebben sì, il cancro costa assai), ci si trova in guai seri. Il cancro incide sulla propria sopravvivenza materiale e non è roba da poco soprattutto se "l'incertezza" è già pesantemente aumentata nella tua vita con l'arrivo di un tumore. Se poi sei un lavoratore autonomo, vista la quasi assoluta inesistenza di ammortizzatori, questo probabilmente diventa un problema enorme ed in alcuni casi addirittura potrebbe rappresentare la difficoltà prioritaria portandoti a temere di morire prima di fame che di tumore. Ecco, questa è una questione che il convegno ha trattato decisamente poco, anzi per nulla, come se il rientro a lavoro fosse solo una questione di realizzazione personale o di produttività aziendale. Ma in realtà c'è poco da stupirsi perchè se si ignorano tendenzialmente gli autonomi, di conseguenza anche questo aspetto (visto che riguarda prevalentemente loro) passa nel dimenticatoio.
  5. Se pensi che la questione non ti riguarda perchè sei sanissimo, beh, mi dispiace molto deluderti ma il concetto di salute è molto "impermanente", toccati quanto vuoi, ma oggi ce l'hai, domani chissà. Non trascurare poi la questione che ad ammalarti potresti non essere tu, ma il tuo partner o i tuoi figli. Anche in questo caso, continua a toccarti quanto vuoi, ma se capita, diventerai tecnicamente un caregiver, saranno dolori anche per la tua attività professionale e ti serviranno tante energie e tanto tempo da investire. Morale? La questione cancro e lavoro è pure sistemica.
  6. Il tema cancro e lavoro non si esaurisce con le tutele legali ed il welfare assistenzialistico. Gli aspetti psicologici e gli impatti sulla produttività lo rendono un problema veramente complesso e multidisciplinare. Non è un caso che al convegno tra i relatori c'erano psicologi, giuslavoristi, medici.....
  7. Non c'è niente da fare, l'attuale sistema di welfare è destinato a morte sicura per la sua inapplicabilità al nuovo mercato del lavoro, ai nuovi lavoratori, insomma al mondo che cambia. Calcolando che lo Statuto dei lavoratori e degli anni '70, occorre passare da un welfare di tipo assistenzialista estremamente differenziato (fino ad essere direi anticostituzionali con certe tipologie di lavoratori) ad un welfare della persona (indipendentemente dalla sua attività professionale, o della sua non-attività. Disoccupati e precari malati dove li mettiamo sennò?). Su questo aspetto di seguito c'è un'interessante articolo del prof. Tiraboschi che era tra i relatori del convegno.
  8. Un diritto ignorato è un diritto negato. Occorre puntare sull'informazione prima ancora dell'investimento nel migliorare ciò che esiste. Molti, troppi malati non conoscono affatto i diritti e le tutele esistenti in caso di patologie oncologiche. Ed anche nel caso in cui cercandoli non li trovino per sè ma per altri lavoratori (come succede spessissimo agli autonomi), anche queste sono pur sempre informazioni da conoscere per poter difendere meglio i propri diritti.
  9. Interessante l'approccio organizzativo con il quale è stato affrontato nel convegno il tema cancro e lavoro. La questione non riguarda solo il malato ma anche tutto il contesto lavorativo in cui è inserito: colleghi, collaboratori, capi, direzione del personale che spesso necessitano loro stessi di dritte, supporto, formazione per co-gestire questa nuova variabile e co-adattarsi al cambiamento.
  10. L'obiettivo principale, per noi autonomi, è fare pressioni perchè su di noi si faccia ricerca. Le pochissime ricerche già realizzate su cancro e lavoro anche se formalmente mettono dentro anche gli autonomi (alcune però non fanno nemmeno quello) in realtà sono impostate (lo so perchè ho partecipato personalmente compilando i questionari) con domande focalizzate sulla realtà dei dipendenti. Sinceramente, a meno che uno non sia supermotivato a investire il suo tempo frustrandosi assai, dopo le prime risposte che necessitano forzature notevoli, un autonomo questionari di quel tipo finisce per abbandonarli oppure, se arriva alla fine, ha dovuto adattare le proprie risposte ad una realtà che non è la sua. Qualche esempio?: Progetto Pro Job (descritto di seguito), la ricerca di Europa Donna sulle lavoratrici dipendenti con cancro al seno, la ricerca dell'Università La Bicocca su attività lavorativa e salute psico-fisica. Insomma, chi di dovere si dia da fare per mappare e fotografare anche la fetta del mercato del lavoro formata dal 24% di lavoratori autonomi.
CONCLUSIONI: Cari autonomi, bisogna sapersi accontentare 
Il tema cancro e lavoro è appena agli esordi, questo è più che chiaro. Pretendere che sia acceso su di noi un faro che è stato fino ad ora spento per tutti i lavoratori, non è realistico. Il fatto che all'interno del convegno ci siano stati due momenti, benchè rapidi e fugaci, nei quali siamo stati citati da Michele Tiraboschi e da Elisabetta Iannelli, è già grasso che cola ed elemento di cui ringraziare (purtroppo). Nel dibattito finale Afrodite K è intervenuta e la questione l'ha lanciata. Ha alzato la sua manina da  tumorata autonoma per intervenire, si è presentata come Afrodite K sottolineando quante persone in difficoltà ci sono dietro il suo nome, precisando che la maggiorparte delle riflessioni emerse non si applica alla realtà degli autonomi, ringraziando comunque tutti per aver deciso di portare avanti un tema così importante citando anche solo la parola "lavoratori autonomi" e chiedendo molto umilmente cosa i relatori nei loro ruoli istituzionali potevano fare concretamente per noi e cosa noi, in quanto lavoratori autonomi, possiamo fare per aiutare loro ad aiutarci. Risposta non c'è stata e non poteva esserci perchè il problema nasce a monte rendendo difficile applicare ed estendere il welfare assistenzialistico dei dipendenti, già di per sè traballante e moribondo, anche agli autonomi. Occorre ripensare il lavoro, i lavoratori ed il welfare in ottica nuova. Su questo non ci piove e siamo perfettamente d'accordo. Nel frattempo però i pazienti oncologici con partita iva perdono mesi ed anni di fatturato, continuano a pagare i costi fissi, si indebitano con Equitalia e rischiano di non potersi curare adeguatamente. E anche questo è un dato di fatto: i dipendenti malati possono pazientare un pò più, gli autonomi invece, se non li fa secchi il cancro, magari ci riesce la fame.
E l'"Afrodite pensiero"? Beh, pur essendo un vecchio manga giapponese un pò malandato, con una tetta buona e l'altra bionica, a due proposte, così volanti, c'arrivo anche io.....Una ricerca seria, con dati alla mano, sul tema cancro e lavoro autonomo, un bel Pro Job 2 la vendetta, sarebbe accolto a braccia aperte da molti. Smanettando su google e digitando parole chiave come "cancro" e "lavoro autonomo", sapete cosa viene fuori? Meno di un anno fa, nulla (lo so con sicurezza perchè appena mi ammalai cercai informazioni come una disperata e non trovai niente). Adesso spopola Afrodite K ed il suo Blog. Direi che è il caso di correre ai ripari, no? Insomma, lasciare la responsabilità dell'informazione e della denuncia a una con una tetta sola non è il massimo. Secondo poi, ove possibile (e, per quanto riguarda la gestione separata Inps, lo è eccome) mettere in pratica le richieste che fanno parte della Petizione "Diritti ed assistenza ai lavoratori autonomi che si ammalano" alcune delle quali sono a costo zero.

E per approfondire il tema cancro e lavoro

Eccovi un bel po' di materiale anche se purtroppo la maggioranza (ma direi quasi più la totalità) dei seguenti documenti riguarda il lavoro dipendente come se gli autonomi non esistessero o non si ammalassero. In effetti perpretare questa esclusione non solo è una cosa poco carina da fare (decisamente poco empatica) ma profondamente scorretta e poco attuale come descrizione della realtà visto che il cancro non chiede certo certificati lavorativi prima di colpirti e che se lo Stato fa differenza tra i lavoratori, la malattia di certo non ne fa (vedi campagna video).
La sfida per il futuro sarà quindi anche quella di ampliare le aree di ricerca anche al popolo delle partite iva, sfida necessaria visto che la tendenza a "nascondersi", già presente nei dipendenti, è ancora maggiore per gli autonomi che devono apparire, nei confronti dei propri clienti (fonte di lavoro e sostentamento) assolutamente performanti e sanissimi.

Cominciamo con le guide sui diritti del malato di cancro, purtroppo tutte improntate sul lavoro dipendente:
Guida dell'AIMAC - Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici (10a ed. 2013)
Guida della LILT - Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (2012)
Guida della ASl di Firenze (2011)
Le informazioni di oncoguida.it
Guida di Europadonna per le lavoratrici operate al seno (2005)

Da citare una recente iniziativa (principale oggetto del convegno tra l'altro), il Progetto Pro Job, proposto da Associazione Italiana Malati di Cancro (AIMaC), Università di Milano, INT di Milano e Fondazione Insieme Contro il Cancro. Pro Job è stato premiato nell’ambito del Sodalitas Social Innovation Award, quale iniziativa più meritevole della categoria Italia Salute. Il progetto prevede strumenti volti a promuovere l’inclusione dei lavoratori malati di cancro nel mondo produttivo, sensibilizzare il management a creare per il malato condizioni ottimali nell’ambiente di lavoro, agevolare i lavoratori che hanno parenti malati a conservare il lavoro come previsto dalle tutele normative vigenti, disincentivare il ricorso a procedure inadeguate per fronteggiare le conseguenti difficoltà sul lavoro. Pro Job, anche grazie al coinvolgimento di ADAPT, la scuola fondata da Marco Biagi, e del suo gruppo di esperti, prevede anche lo sviluppo di interventi personalizzati di sostegno psicologico all’interno della stessa azienda.
Anche se in questo progetto noi lavoratori autonomi non siamo contemplati, il progetto di per sè è davvero meritevole e tifiamo tutti perchè possa proseguire ed estendersi in tutta Italia. La speranza è che possa presto nascere un Pro Job 2 per le partite iva.

La ricercatrice Fabiola Silvaggi propone un'interessante articolo con una carrellata di ricerche in ambito europeo: "Il ritorno al lavoro dopo il cancro: una prospettiva europea".

Può essere utile tenere d'occhio l'Osservatorio lavoro e malattie croniche di ADAPT.

Michele Tiraboschi, Professore ordinario di diritto del lavoro all'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia ha scritto Occupabilità e lavoro delle persone con malattie croniche: appunti per una ricerca

Simone Varva propone "Malattie croniche e lavoro. Una prima rassegna ragionata della letteratura di riferimento" in un e-book del 2014 che  analizza l’impatto complessivo delle malattie croniche sulla tenuta dei sistemi sanitari e di welfare le cui criticità sono ora accentuate, in termini economici e di sostenibilità nel medio e nel lungo periodo, dall’innalzamento della aspettativa di vita e dal conseguente riallineamento verso l’alto dei criteri di accesso alla età di pensione

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