Ormai non c'è più alcun dubbio. Dopo decenni di monopensiero occorre ri-scrivere la narrazione dominante sul cancro al seno. L'articolo che segue è la traduzione (a cura di Valentina Bridi, tra le organizzatrici del Flash Mob #oltreilnastrorosa del 13 ottobre 2018 a Milano) di "Rewriting the Common Narrative" scritto da Melissa Mcallister nel 2016. Godetevi questa acuta analisi sulla narrazione del tumore al seno e meditate...
Quando abbiamo creato The Underbelly, abbiamo presentato alcune grandi idee e obiettivi. Il più grande dei quali era quello di cambiare la comune narrazione del cancro al seno. Negli ultimi quattro decenni abbiamo visto cambiare in modo enorme ed eccitante il modo in cui si parla della malttia. Siamo passati dal vedere il cancro al seno vissuto come una malattia da tenere nascosta, un segreto di cui nessuno poteva parlare davvero, a vedere il cancro al seno finire in primo piano, portando le donne alla "consapevolezza" della malattia.
In passato le pazienti venivano sottoposte a procedure chirurgiche drastiche e invasive e a terapie orribili per sopravvivere, se sopravvivevano. Non veniva dato molto spazio alla consapevolezza pubblica della malattia. Ora siamo passati da un'estremità all’altra. Le procedure sono molto meno invasive anche se ancora deturpanti e dolorose. Abbiamo portato il malato di cancro a non doversi più nascondere nella società e abbiamo creato delle piattaforme per educare e attirare l'attenzione sulla malattia, in nome della consapevolezza e della comprensione. Ed è un’ottima cosa, non è vero?
Sì. Ma la malata di cancro al seno, in particolare, è diventata più di una paziente. È diventata una vignetta su un poster e sono state costruite grandi aspettative su di lei. Ha un ruolo che deve interpretare, scarpe che deve indossare, trionfi che deve raggiungere. Il suo ruolo è stato predeterminato e formattato per un costume "one fits all". Tutto spettacolarizato . Date un'occhiata a qualsiasi campagna sul cancro al seno e capirete cosa intendiamo.
Felice - Grata- Carina- Calva - Rosa - Coraggiosa - Guerriera– Sopravvissuta
Quando lo facciamo - quando semplifichiamo e abbelliamo una malattia complicata, come il cancro al seno, non stiamo solo minimizzando ciò che le donne e gli uomini vivono realmente. Stiamo anche trascurando la possibilità di capire realmente come sia la malattia. Peggio ancora, derubiamo le persone senza che ne siano consapevoli della possibilità di poter vedere realmente una malattia a cui hanno fatto il lavaggio del cervello per mostrare solo ciò che è bello. Sì, sono riusciti a colorare di rosa un’intera persona.
Qual è la narrazione comune?
La narrazione comune è una storia a senso unico, vaga e manipolata. È carica di aspettative non realistiche. Quando quelle aspettative non sono soddisfatte, si traducono in sentimenti di fallimento, giudizio, critica e delusione. La narrazione consiste nell’archetipo di una sopravvissuta (perché tutti amano il racconto di un’eroina) e una carriola piena zeppa di idee errate e di informazioni stereotipate che non ci servono più. A dirla tutta, ci feriscono profondamente.
La narrazione comune sembra molto simile a ...
Ricevi la diagnosi, la tua famiglia e i tuoi amici si radunano intorno a te. Non male, no? Almeno hai il cancro "buono". Ti organizzano una festa, con la torta, per dire addio alle tue tette. I tuoi amici ne organizzano un’altra per quando ti raserai la testa, filmano quel momento e lo condividono con tutti i tuoi amici sui social media. Passi attraverso chemio e forse radioterapia senza sentirti troppo male, sembri pure piuttosto carina. Il lato positivo è che ottieni nuove tette (ti rifai le tette gratuitamente). "Cazzo, sono false, quelle vere hanno cercato di uccidermi!" Di colpo diventi introspettiva e illuminata e una persona decisamente migliore. "Combatti come una ragazza" e vinci! Sei vestita con il costume ROSA che il mondo vuole che indossi e ora sei riconosciuta come la coraggiosa guerriera che ha preso il cancro a calci in culo. Sei l'ispirazione di tutti. Poi torni alla tua vecchia vita, come prima. Sei tornato alla normalità. Complimenti, sei una sopravvissuta! Sei al sicuro ora..non è così?
È un modello impossibile, eppure è così facile da vendere. Diavolo, è una bella storia e perché non tutte non dovrebbero voler avere una "bella" storia sul cancro da raccontare? Cosa ne pensate?
Perché la narrazione è problematica
Ecco i principali problemi con l'attuale narrazione sul cancro al seno comporta:
- Dipinge con un'immagine inaccurata che il cancro al seno è il tipo di cancro "buono" e "fortunato".
- Normalizza il cancro al seno. Lo semplifica. Lo fa sembrare facile.
- Non tutti "si adattano" all'archetipo della survivor. Ognuno vive il cancro in modo diverso. Non è un costume da indossare.
- Non tutte le diagnosi richiedono lo stesso tipo o sequenza di trattamenti.
- Perpetua falsamente l'idea che combattere duramente significa sopravvivere.
- Banalizza il prezzo realmente pagato nel sottoporsi ai trattamenti. È più che perderei capelli. Alcune nemmeno li perdono.
- Esalta la ricostruzione - quando in realtà più della metà dei pazienti non ricostruisce.
- Le pazienti sono costrette a sembrare belle, nascondendo come il cancro può trasformarti.
- Ci sentiamo di dover far sentire bene gli altri riguardo alla nostra brutta situazione.
- È superficiale - manca di profondità e serietà.
- È sessista. Allontana gli uomini e sessualizza le donne.
- Trascura l'importanza del prendersi cura di di sé, avendo pazienza e concedendosi del tempo.
- Ignora la malattia metastatica, la morte e il dolore.
- Incoraggia il confronto fra situazioni completamente diverse.
- Perpetua l'idea che camminare, correre e fare shopping siano la giusta cura per il cancro.
- Non c'è un traguardo. Il traguardo continua a muoversi un po’ più in là e non è mai veramente finita.
In realtà, il cancro al seno non è un'opportunità di crescita facile, carina, né è il dono proverbiale che ci raccontano.. Il cancro è un'esperienza infernale, costituita da una serie infinita di storie senza una linea retta e univoca da seguire. Poiché il cancro di ogni paziente viene trattato in modo unico, sarebbe il momento di iniziare a descrivere le pazienti e le loro storie allo stesso modo.
Invece dei racconti inscatolati dentro a trame di eroismo e trionfo che siamo così stanche di ascoltare e raccontare, iniziamo a raccontarlo così come realmente è per ciascuna di noi. È un ottovolante emotivo, nel migliore dei casi. I sentimenti di incredulità, paura, rabbia, tristezza e intorpidimento sono solo alcuni delle continue emozioni che sperimentiamo dopo aver avuto la diagnosi. Ricordiamoci che non proviamo solo alcune emozioni. Possiamo (e probabilmente lo faremo) sperimentarle tutte. Perché ... siamo esseri umani, non delle scale Likert. Incoraggiamoci a vicenda ad esprimere ed elaborare ogni emozione piuttosto che sentirci obbligate a mettere su un viso coraggioso e sorridente, forse ci farebbe stare molto meglio.
Abbiamo davvero una scelta?
Dobbiamo riconoscere quanto piccola sia l’influenza che possiamo avere in tutto quello che ci accade. Se dovrà succedere, accadrà. Se una terapia dovrà funzionare, lo farà. Quando non lo fa, non lo fa. Non è colpa di nessuno. Il nostro modo di pensare non è responsabile del risultato. La scienza lo è. Le nostre menti, corpi e anime si trovano a fare i conti con il cancro così come arriva, da un momento all'altro. Non possiamo pianificare in anticipo, quindi non fatevi ingannare dal pensare che sia in vostro potere o che abbiate un solo scenario.
Qualcuno ha recentemente scritto: "Posso permettermi di raggomitolarmi e dispiacermi per quello che mi succede e sperare che le persone mi sollevino? O invece accettare il mio nuovo corpo, la mia nuova mentalità e ripartire con successo? "In realtà, non è così semplice. Rimbalziamo avanti e indietro. Dentro e fuori. Sperimentando una moltitudine di sentimenti e stati mentali tutti completamente normali.
Sentirsi spezzate
Come pazienti, spesso ci sentiamo sotto pressione nel tentativo di nascondere il dolore e il disagio che proviamo. Tendiamo a trascurare i nostri corpi e i nostri bisogni emotivi per il bene degli altri. Perché non possiamo essere più onesti e trasparenti al riguardo? Ti dirò perché. È perché il mondo non vuole vederci a pezzi e la verità è che – IL CANCRO TI SPEZZA. Quanto ti spezzerà dipende da tanti fattori.
Sentirsi distrutte è un punto fermo a cui molte di noi arrivano. Ci troviamo bloccate, congelate, incapaci di muoverci o di prendere decisioni, perché potrebbero essere le decisioni sbagliate. Perdiamo la fiducia nei nostri istinti e nella nostra pancia. Dubitiamo della nostra capacità di pensare lucidamente. Come può una persona distrutta essere ributtata nella giungla (la giungla è il mondo reale) quando non sa più come sopravvivere?
Smettiamo di negare queste verità. Dopo tutto, non siamo super eroi con campi di forza di impenetrabile grazia e coraggio (nonostante il mondo ci chieda di essere così).
Diventare vulnerabili
Siamo vulnerabili e non c'è niente di sbagliato in questo. Conosci te stesso e la miriade di donne che ci ricordano che essere vulnerabili è in realtà uno degli strumenti più potenti che possediamo. In effetti, secondo la dott.ssa Brene Brown, il coraggio nasce dalla vulnerabilità - non dalla forza. E nel caso ve lo stiate chiedendo, vulnerabile non è lo stesso che essere debole. No, nemmeno un po’
Ad un certo punto, tutti abbiamo voglia di arrenderci. La verità è che a malapena ci riconosciamo più. A volte ti senti come se ti fossi appena svegliato all’inferno, completamente esausto e affaticato, e arrabbiato, spaventato o confuso. Molte delle nostre emozioni saranno nuove o completamente estranee. Potremmo anche provare sensi di colpa, auto-colpa e sconfitta che scorre dentro e fuori di noi. Ogni emozione nel nostro inventario di emozioni può essere provata. Va bene così. Concediti di provarle. Tutte.
Che dire dell'essere positivi?
Sì, abbiamo ancora bisogno di positività, speranza e ottimismo, ma troppo spesso, ci allontaniamo dall'oscurità e l'oscurità è dove trovi le risposte. Non è possibile trovare la luce, se non facendola brillare sui lati più scuri, riusciremo finalmente a sollevare i veli di vergogna e segretezza che siamo stati costretti a indossare per così tanto tempo? Non c'è un valore e un significato profondo da trovare nell'oscurità? Non scappiamo, parliamone apertamente. Se smettiamo di scappare dall'oscurità, forse ci incontreremo. E se ci incontreremo, forse ci sentiremo meno isolate, meno spaventate e meno traumatizzate da tutto ciò.
Tornare alla normalità?
Quando le visite mediche diventano sempre meno numerose e sei stata dichiarato NED (nessuna evidenza di malattia), cosa succede? Possiamo raccogliere i pezzi e trovare qualche parvenza di chi eravamo una volta? Sì, possiamo provarci, ma sarà probabilmente difficile tornare a quello che eravamo prima. Possiamo andare avanti anche se saremo probabilmente diverse.
Ricordiamole
Non dimentichiamo le donne che sono morte della malattia. Non dobbiamo lasciarle fuori dalla narrazione. Loro sono noi. Per ogni dieci donne che possono considerarsi NED, ce ne saranno tre che scopriranno che il loro cancro invece si è diffuso. Contrariamente alla credenza popolare, non esiste ANCORA UNA CURA per il cancro al seno. Non possiamo lasciarle indietro. Parliamo finché avremo la voce per parlare. Parliamo del cancro al seno metastatico e della necessità di ulteriori ricerche.
Come possiamo cambiare la narrazione ?
Provando a scriverne semplicemente una nuova. Iniziamo tu ed io. Ognuno di noi può prendere questo racconto idealizzato e iniziare a smantellarlo. Dobbiamo essere brutalmente oneste mentre raccontiamo e condividiamo le nostre storie. Dobbiamo essere oneste quando testimoniamo il dolore e la sofferenza degli altri. Rinunciare all'impulso di semplificare e abbellire la nostra sofferenza per una "bella" storia d'ispirazione, è un nostro dovere! Diciamo addio alla metafora della battaglia così radicato quando descriviamo il cancro e i malati di cancro. Parole come:
Battaglia – Combattente - Sopravvissuta – Coraggiosa- Guerriera -Perso - Vinto - Senza paura
Il messaggio più importante che le persone dovrebbero portare a casa è che, avere il cancro (un qualsiasi cancro) fa schifo. Tenetevi alla larga da chiunque vi dica che c'è un modo giusto o sbagliato di "affrontare il cancro". Toglietevi le maschere e mostrateci il vostro vero volto. Questo è ciò che vogliamo vedere. Questo è ciò che il mondo ha bisogno di vedere.
penso che se una donna che soffre di questa malattia ha voglia di camminare, correre, fare shopping, fare un party per dire addio alle tette, se vuole la ricostruzione perchè "quelle vere volevano ucciderla" bè ha il diritto di farlo senza sentirsi dire che fa parte di una "narrazione sbagliata o superficiale" ci sono donne che agiscono così perchè vogliono agire e reagire così, è una loro scelta libera e vanno rispettate, poi certo che si può agire e reagire in modo diverso, certo che si può essere disperati, spezzati ci si può raggomitlare e piangere ma non si può vivere sempre così
RispondiEliminaQuello che non ti è affatto chiaro Paolo è:
RispondiEliminaa) Nessuno mette indiscussione le scelte individuali ed il proprio personalissimo modo di vivere la malattia. Ci mancherebbe. Anzi l'esatto contrario. Si cerca proprio di dare voce a TUTTI i modi di viverla la malattia. Un monoparadigma sociale imperante questo non lo permette. Ecco perchè occorre ri-scriverlo aprendolo a TUTTE le opzioni possibili
b) Il contrario dello shopping non è il raggomitolarsi a piangere. E' proprio lì l'errore che si fa e che questo tipo di narrazione rosa vorrebbe farci credere. Esiste una terza via rappresentata benissimo dalle parole di Nunzia (43 anni donna con cancro al seno metastatico): “Non dico la verità per uccidere la speranza, al contrario lo faccio per tenerla alta, perché spero si possa fare sempre di più, perché, sul cancro al seno, l’informazione è veicolata da un ottimismo bugiardo che si dimentica di me.”