mercoledì 10 agosto 2016

Lavoratrice autonoma? Conti meno di una dipendente non solo nella malattia ma anche nella violenza di genere!

Care lavoratrici autonome, pensavate di essere discriminate rispetto alle dipendenti solo nella malattia? Siete lavoratrici di serie B pure se siete donne che hanno subito violenza di genere. Recentemente infatti, in riferimento alla versione dello Statuto dei lavoratori autonomi prodotto dalla Commissione Lavoro del Senato, sono stati dichiarati inammissibili 2 importanti emendamenti che, in caso di comprovata violenza di genere subita, avrebbero esteso le tutele già esistenti per le lavoratrici dipendenti anche alle professioniste della Gestione Separata.


In riferimento all'art. 24 del decreto legislativo n. 80 del 15 giugno 2015 le lavoratrici dipendenti che hanno subito violenza di genere hanno diritto ad un congedo ed un'indennità Inps. Ecco la circolare n.65 dell'Inps.
Ma questo vale solo per le donne che lavorano in qualità di dipendenti.

I senatori Pagano e Spilabotte hanno provato a proporre 2 emendamenti al cosiddetto Statuto dei lavoratori autonomi per estendere le tutele anche alle lavoratrici autonome, ma come potete constatare dal Dossier finale (basta che fate una ricerca di testo all'interno digitando la parola chiave "violenza") essi sono stati giudicati inammissibili.
Tradotto vuol dire che se sei una donna che lavora come dipendente, in caso di violenza di genere, puoi contare su qualche tutela rispetto all'interruzione della tua attività lavorativa, se invece sei una libera professionista, sono problemi personali tuoi.

Questo quello che chiedevano i 2 emendamenti e che le lavoratrici autonome avrebbero avuto se avessero gli stessi diritti delle altre donne:

Congedo per le donne vittime di violenza di genere
1. Le lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n.335, non titolari di pensione e non iscritte ad altre forme previdenziali obbligatorie, tenute al versamento della contribuzione maggiorata di cui all'articolo 59, comma 16, della legge 27 dicembre
1997, n.449, inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del Comune di residenza o dai Centri antiviolenza o dalle Case rifugio di cui all'articolo 5-bis, del decreto-legge 14  agosto  2013,  n.93,  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  15  ottobre 2013, n.119, hanno diritto alla sospensione dell'attività lavorativa per motivi connessi allo svolgimento del percorso di protezione, per il periodo corrispondente all'astensione, la cui durata non può essere superiore a tre mesi.
2. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al presente articolo, la lavoratrice, salvo casi di oggettiva impossibilità, è tenuta a preavvisare il committente con un termine di preavviso non inferiore a sette giorni, con l'indicazione dell'inizio e della fine del periodo di congedo e a produrre la certificazione di cui al comma 1.
3. Durante il periodo di congedo, la lavoratrice ha diritto a percepire un trattamento economico a condizione che risultino accreditate almeno tre mensilità della predetta contribuzione nei dodici mesi precedenti l'inizio del periodo corrispondente alla sospensione. L'indennità è calcolata, per ciascuna giornata del periodo indennizzabile, in misura pari al 30 per cento del reddito di lavoro relativo alla predetta contribuzione, calcolato ai sensi dell'articolo 4 del decreto 4 aprile 2002 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di  concerto  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale 12 giugno 2002, n.136.
4. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo si provvede mediante le risorse presenti nel Fondo di cui al comma 107, articolo 1, della legge n. 190 del 2014».

Indennità in caso di violenza di genere
1. Viene estesa alla lavoratrice autonoma l'indennità a titolo di congedo in caso subisca una comprovata violenza ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo n.80 del 2015.
2. L'Inps provvederà ad erogare l'indennità per tre mesi in base ad una quota mensile pari al 20 per cento calcolato sull'ultima denuncia dei redditi presentata dalla lavoratrice autonoma.
3. Per fruire del congedo e dell'indennità occorre avere un rapporto di lavoro autonomo in corso di svolgimento, ed essere inserite nei percorsi certificati dai servizi sociali del Comune di appartenenza, dai Centri antiviolenza o dalle Case rifugio»

Ecco le dichiarazioni rilasciate da Federica De Pasquale, Vice Presidente di CONFASSOCIAZIONI con delega alle Pari Opportunità:
“Prendiamo atto che il Governo non ha voluto trovare neppure un minimo di copertura finanziaria per estendere anche alle lavoratrici autonome il congedo e la relativa indennità erogata dall’INPS in caso di comprovata violenza ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo 80/2015. Una grave ingiustizia sociale di cui chiameremo a rispondere anche il Ministro con delega alle Pari Opportunità, Maria Elena Boschi”. Visto il notevole contributo apportato dalle lavoratrici autonome alla Gestione separata dell’INPS il mancato accoglimento dell’emendamento lo reputiamo, oltre che ingiusto, altamente lesivo della dignità di questa categoria di donne lavoratrici qualora fossero vittime di violenza. Questa è l’ennesima dimostrazione di come siamo discriminate rispetto alle lavoratrici dipendenti. Un atteggiamento che non siamo più disposte a tollerare, considerato anche l’apporto che diamo in termini di PIL all’economia del nostro Paese, cosa che ci viene costantemente riconosciuta”. 

Ora, se questo non è incostituzionale, ditemi voi cosa lo è, perchè Afrodite K comincia ad avere veramente le idee confuse a questo punto.....
La cosa la trovo di una gravità inaudita. Ma qua ormai sembra che davvero si sia perso il senso della misura e la capacità di indignarsi per difendere i diritti fondamentali.
Donne (ma anche uomini), diffondete questa notizia. Almeno che si sappia santiddio!

6 commenti:

  1. non sono una donna, ma la legislazione e le finanze non sono molto amiche dei lavoratori autonomi, di qualsiasi "genere" essi siano
    Michele

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  2. A questo punto bisognerebbe distinguere anche il femminicidio dall'imprenditricidio.

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  3. Perchè è così difficile considerare tutti i lavoratori allo stesso modo?

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    1. perché vale sempre il motto "divide et impera".
      Creare privilegi e discriminazioni tra i cittadini aiuta sempre chi detiene il potere.
      Nihil sub sole novi.

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  4. Certo che ancora una volta l'Italia si dimostra campione di civiltà e diritti....mi vien voglia di emigrare seduta stante, che schifo! E sì che la Costituzione (che il "caro" Renzi vorrebbe cambiare possibilmente tutta), recita che TUTTI i cittadini sono considerati uguali nei diritti e nei doveri....

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  5. E ,'Lo stesso schifo della riforma sanitaria, non posso dire altro

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