sabato 9 febbraio 2019

Cancro al seno e lavoro: ancora tanto da fare per una tutela dignitosa


La questione Cancro e Lavoro è un tasto caldo e spinoso. Per tutti. Certo, i lavoratori autonomi spesso c'affogano letteralmente dentro ma anche per i dipendenti non sono certo rose e fiori...
Tra l'altro quando c'è di mezzo un tumore, la guerra tra poveri ha davvero poco senso.
Questa è la storia di Antonella che ha contattato Afrodite K e coraggiosamente esce allo scoperto per diffondere il suo caso (che rispecchia quello di molte altre persone rimaste sommerse).


Ecco l'articolo scritto da Lorenza Costantino e uscito sull'Arena di Verona (06/02/19)

Il caso. «Troppo malata», perde il posto di lavoro

La battaglia di una paziente oncologica che è stata licenziata per il protrarsi delle cure perché «costosa». Ha fatto ricorso e ha vinto, ma ha cambiato attività. Antonella Callea contesta le complicate normative per la tutela dei lavoratori con patologie: «Variano secondo il contratto e la burocrazia è una giungla»
Una malattia grave, che sconvolge la vita e talvolta la mette addirittura a rischio. Il trauma della diagnosi, il calvario di terapie lunghe e debilitanti. La sofferenza del corpo e anche della mente. E, non bastasse tutto ciò, la difficoltà di conoscere a pieno, e quindi di far valere, i propri diritti sul posto di lavoro, che troppo spesso viene perduto. Le modalità differiscono, ma la sostanza non cambia: qualcuno, dall'oggi al domani, si trova sul tavolo la lettera di licenziamento; qualcun altro viene indotto a restare a casa dall'impossibilità oggettiva di svolgere i propri compiti come quando era in salute. 
È LA VIA CRUCIS che in città accomuna centinaia di lavoratori malati: persone, purtroppo numerose, che combattono contro forme tumorali maligne; altre che fanno i conti con patologie meno frequenti e non letali, ma comunque altamente invalidanti, per esempio la fibromialgia. «La legge non ci tutela completamente. Chi si ammala deve pure preoccuparsi di mantenere il posto di lavoro», commenta amaramente Antonella Callea, 50 anni, veronese di un paese dell'est della provincia, che parla per esperienza vissuta, nonché attraverso le testimonianze di molte amiche, conosciute durante i periodi di cura. 
LA DATA è di quelle che, nel male, si ricordano per sempre: «6 dicembre 2011. All'età di 43 anni, la diagnosi: carcinoma, ossia tumore maligno, al seno. Mi sono sottoposta all'intervento chirurgico. Poi, per sradicare del tutto la malattia, ho dovuto affrontare molti cicli di terapie: otto chemioterapie, 23 radio, 18 biologiche. Tuttora, e per i prossimi anni, dovrò assumere un medicinale non privo di effetti collaterali». Nel 2014, oltre alla battaglia contro il tumore, la signora Callea ha dovuto lottare anche per il posto. Lavorava da otto anni in un negozio con contratto a tempo indeterminato: «Mentre usufruivo ancora della legge 104 - ovvero il complesso di norme a tutela dei lavoratori malati, invalidi e disabili, che dà diritto tra l'altro a tre permessi al mese per sottoporsi alle terapie - sono stata licenziata un sabato di fine turno. Motivazione? "Troppi costi, da lunedì non venire più". Non ho firmato la lettera e mi sono rivolta a un avvocato. Dopo otto mesi ho avuto ragione, senza nemmeno faticare troppo, ma il periodo successivo non è stato comunque facile». 
DIRITTI. «Avrei avuto diritto al reintegro, ma ho preferito cercare un nuovo lavoro attraverso i canali per le categorie protette, cui appartengo per la mia invalidità certificata. E per fortuna l'ho trovato, impiegatizio, pur a tempo determinato. Le aziende con oltre 15 dipendenti sono tenute per legge ad assumere una persona disabile, ma anche qui sorgono diversi problemi. Per esempio, i contratti di questo tipo sono spesso solo part-time o demansionati». 
BUROCRAZIA. Antonella Callea punta l'attenzione, in particolar modo, sulla giungla burocratica in cui il lavoratore malato è costretto a districarsi, tra l'altro nel momento di maggiore debolezza: «Al patronato ho trovato gentilezza e preparazione. Ma tante notizie utili le ho ottenute, in modo quasi casuale, all'ospedale, o dal medico di base, o addirittura da persone che erano già passate attraverso le mie difficoltà. Non è facile raccapezzarsi, specialmente se si è da soli. E può succedere che una banale lacuna informativa ci faccia perdere un beneficio che ci spetterebbe». 
TUTELE. E ancora: «Le tutele, come il periodo totale di assenza dal lavoro, variano da contratto a contratto: il carcinoma di un dipendente del commercio non è "uguale" al carcinoma del dipendente di un altro settore. Alcuni datori di lavoro comprendono e vanno incontro al malato, ma se lo Stato non agevola le parti con leggi idonee e chiare, è ovvio che un'azienda non è tenuta a trasformarsi in un ente caritativo. A quel punto, messo con le spalle al muro, un lavoratore è costretto a "mangiarsi" i mesi di aspettativa, sperando, nel frattempo, di guarire. Ma a reddito zero. Quanti se lo possono permettere?».«Chiunque legga con un po' di coscienza credo la veda come me. La dignità del malato passa anche da qui e credo che sia necessaria maggiore tutela»




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