Pensa te, io ci scherzavo e la chiamavo "spianatina" quella mia idea di non fare la ricostruzione del seno, togliere questo scomodissimo espansore (che non ho mai chiesto e che mi sono ritrovata sotto il muscolo pettorale dopo la mastectomia) ed eliminare l'altro seno. Me ne sono sentite dire di tutti i colori (tranne che "lesbicona", ma di sicuro qualcuno l'hanno pensato) compreso l'appellativo "anticonformista di maniera". E invece non sono una pecora nera perchè pare sia un'esigenza sentita da diverse donne. Come Melanie Testa (Melly per gli amici), artista, scrittrice e insegnante che vive a Brooklyn e che, tra mille difficoltà ed ostacoli, dopo un tumore al seno ha utilizzato la mastectomia controlaterale del seno sano come tecnica ricostruttiva. Tecnica ricostruttiva?! Sì avete capito bene, non mastectomia profilattica alla Jolie, ma proprio tecnica ricostruttiva per ristabilire la simmetria.
Ebbene sì, perchè i paradigmi della bellezza femminile e della simmetria possono essere molti, moltissimi, più di quelli che ci vengono impacchettati e presentati come "normali" e "sensati". A me l'articolo di Melanie, personaggio di cui ha scritto anche l'Huffington Post, ha aperto mondi e galassie. Con non poca fatica ed investimento di tempo (perchè è lungo e non semplice), l'ho tradotto ed adattato per voi. Lo condivido con enorme piacere nella speranza che possa essere utile anche ad altre donne che vengono accusate di avere desideri "anormali" e "biologicamente contro-natura". E magari poi finiscono per crederci pure loro.
Ebbene sì, perchè i paradigmi della bellezza femminile e della simmetria possono essere molti, moltissimi, più di quelli che ci vengono impacchettati e presentati come "normali" e "sensati". A me l'articolo di Melanie, personaggio di cui ha scritto anche l'Huffington Post, ha aperto mondi e galassie. Con non poca fatica ed investimento di tempo (perchè è lungo e non semplice), l'ho tradotto ed adattato per voi. Lo condivido con enorme piacere nella speranza che possa essere utile anche ad altre donne che vengono accusate di avere desideri "anormali" e "biologicamente contro-natura". E magari poi finiscono per crederci pure loro.
Introduco l'articolo di Melly con una riflessione fatta da lei stessa intercettata in un altro contesto e che ci aiuta a capire meglio chi è l'autrice:
"come sopravvissuta al cancro al seno con la ricostruzione piatta ed i capelli corti, trovo che le altre persone siano molto interessate ad individuare il mio "genere". Sono stata squadrata più volte per il fatto di avere un aspetto più maschile di quanto dovrei e mi è capitato che altre donne androgine mi confermassero ammiccando con cenni della testa di "aver capito" quale era il mio orientamento sessuale. Trovo tutto questo molto curioso perché il genere è così vago, sfumato, è in realtà solo una idea che ognuno di noi riconosce, ignora o giudica severamente. ..... Trovo interessante l'idea che in realtà siamo tutti esseri umani, che hanno bisogno di soldi, di una casa, di cibo.... I seni non mi identificano. Esprimo chi sono quotidianamente. A volte in modo più maschile, a volte in modo più femminile"
"come sopravvissuta al cancro al seno con la ricostruzione piatta ed i capelli corti, trovo che le altre persone siano molto interessate ad individuare il mio "genere". Sono stata squadrata più volte per il fatto di avere un aspetto più maschile di quanto dovrei e mi è capitato che altre donne androgine mi confermassero ammiccando con cenni della testa di "aver capito" quale era il mio orientamento sessuale. Trovo tutto questo molto curioso perché il genere è così vago, sfumato, è in realtà solo una idea che ognuno di noi riconosce, ignora o giudica severamente. ..... Trovo interessante l'idea che in realtà siamo tutti esseri umani, che hanno bisogno di soldi, di una casa, di cibo.... I seni non mi identificano. Esprimo chi sono quotidianamente. A volte in modo più maschile, a volte in modo più femminile"
Circa
un anno e mezzo dopo la diagnosi di cancro al seno ho partecipato ad un programma riabilitativo in piscina per donne operate. Ci incontravamo in una palestra locale dove avevano due
piscine, una per nuotare, l'altra riscaldata ed utilizzata a fini
riabilitativi. La sala della piscina era bellissima: la luce attraversava le grandi
finestre di vetro ed il mormorio delle amiche che si salutano l'una
con l'altra preparandosi all'attività, riempiva l'aria. Io avevo il mio unico pezzo di costume da bagno circondata dalle mie compagne , alcune con un solo seno, alcune che indossavano le protesi esterne, altre con i seni ricostruiti. Notai che ero l'unica ad avere il torso piatto con la mastectomia bilateralmente senza indossare le protesi esterne. Ad un certo punto un'agile 70enne corse verso di me per dirmi quanto fossi coraggiosa con il mio torso piatto e senza protesi esterne. Mi raccontò che le era stato diagnosticato un cancro al seno trenta anni prima e che aveva un solo seno, che odiava indossare la protesi esterna ma non riusciva a smettere di farlo. Sua figlia continuava a suggerirle di non metterla anche solo per andare al negozio all'angolo. Ma la mia amica non poteva nemmeno immaginare di mostrare al mondo l'immagine di sè con un seno solo.
Dopo la seduta in piscina quel giorno ho camminato per le strade di New York City pensando a come molte donne scelgono di non ricostruire i loro corpi e di indossare protesi esterne. Ben il 58% delle donne che hanno avuto una mastectomia dopo il cancro o non ricostruiscono il seno oppure lo ricostruiscono per poi decostruilo successivamente (per scelta oppure perchè la ricostruzione è fallita). Ho pensato a quante di quelle donne senza seno non piaceva indossare protesi e presentare l'immagine di una donna con i seni. Prima della mia diagnosi, non avevo mai consapevolmente incontrato una donna con un seno solo o priva di entrambi. Immagino che ci siano molte donne che indossano le protesi esterne con esitazione, fastidio, o anche risentimento.
Perché ci sentiamo così in dovere di trasmettere l'immagine che tutte le donne abbiano il seno? La mia esperienza in piscina quel giorno mi ha ha fatto molto riflettere su come gli ideali di bellezza che riguardano le donne influenzino le donne che hanno incontrato il cancro al seno.
Al momento della prima diagnosi di cancro al seno, una quantità irragionevole di attenzione e di tempo vengono spesi per le questioni estetiche. Ci viene chiesto di vedere un chirurgo plastico per prendere in considerazione le nostre opzioni ricostruttive, ci viene data una prescrizione per acquistare una parrucca, ci distribuiscono volantini che promuovono il messaggio 'Look Good, Feel Good' e poster di cosmetici sono attaccate alle pareti delle sale d'attesa che frequentiamo. Se poi si sceglie di non fare la ricostruire del seno, ci vengono date informazioni e prescrizioni per le protesi esterne. Tutto questo mentre stiamo combattendo una malattia potenzialmente letale.
Al momento della diagnosi, i miei seni erano piuttosto grandi e non potevo immaginare di vivere con un solo seno. Mantenere un seno mi avrebbe costretto ad indossare protesi perchè la simmetria è importante per me, sia fisicamente che mentalmente. Non mi piaceva l'idea di manipolare il mio corpo attraverso la chirurgia con l'inserimento di silicone sotto il muscolo, e neppure spostare muscoli o grasso da una parte del mio corpo all'altra per ricreare un'insensata parvenza di seno. Questi percorsi sono in contrasto con la mia idea di essere una donna ed un essere umano. Così, ho scelto la mastectomia bilaterale senza ricostruzione. Nel settore è chiamata mastectomia profilattica controlaterale.
Se devo essere onesta, c'è voluta un pò di cura, compassione e accettazione per abbracciare il mio corpo nuovo e cambiato. Subentrano novità assolute di ogni tipo, dal costume da bagno, allo shopping, all'abbigliamento estivo che rivela molto di più la parte superiore del corpo. A volte le persone mostrano la loro confusione nel valutare la forma del mio corpo, soprattutto se sono vestita in maniera mascolina. Questo è molto interessante ed in un primo momento mi ha disturbato. Ma ci sono anche momenti diversi come quando un batterista senza gambe, mentre suonava con la sua band in metropolitana, guardò gentilmente il mio petto e poi sorrise così profondamente che ancora mi crogiolo nel ricordo di quel momento. E' proprio in questi momenti di connessione umana così profonda che risiedono guarigione e accettazione.
Mi è stato fatto percepire che la mia scelta di non fare la ricostruzione e di non indossare protesi esterne era anormale e i miei medici mi hanno proposto di vedere uno psichiatra per assicurarsi che ero sana di mente nel mio "processo decisionale controlaterale". Le mie consorelle che avevano scelto la ricostruzione non erano state invitate a giustificare la loro scelta chirurgica da uno psichiatra. Forse il mio medico ha voluto essere del tutto sicuro che dopo la rimozione del seno non avrei rimpianto la mia decisione. Avrei potuto scegliere di mantenere il seno sano ma non ho mai rimpianto la mia decisione.
Questa distorsione è inaccettabile e chiaramente mostra una preferenza per la ricostruzione del seno ed un sorta di "cultura del seno" in generale. E' funzionale anche a rendere difficile per le donne scegliere diversamente. L'esperienza psichiatrica è stata irritante e umiliante. Ho dovuto accettare l'appuntamento contro la mia volontà perché i miei medici non avrebbero realizzato quanto chiedevo senza questa precauzione. Questo mi ha fatto molto arrabbiare. La psichiatra è arrivato in ritardo di 20 minuti. Ero così arrabbiata che tremavo. Ho dovuto convincere questa donna - una sconosciuta - che la mia scelta era valida. Ricordo di aver elencato le mie ragioni, una dopo l'altra nel timore che la mia rabbia prendesse il sopravvento. Terminai la conversazione chiedendole "Sono riuscita a dimostrarle che sono sana di mente?» Lei esitò ed a malincuore rispose "sì". I miei medici hanno continuato ad insistere che avrei potuto ricostruire il seno in qualsiasi momento. Le infermiere mi dicevano che sarei stata "confusa" senza il seno. Forse sono le infermiere ad essere confuse se equiparano le donne al seno. Sono stata anche paragonata ad una donna "disturbata" che, nonostante fosse risultata negativa ai test genetici, continuava a volere la chirurgia profilattica. Ho chiesto alla psichiatra se avevano un gruppo di sostegno per le donne che hanno deciso di non fare la ricostruzione e la risposta era di no. Per aggiungere la beffa al danno, se avessi voluto utilizzare un supporto psicologico per quello che volevo fare avrei dovuto pagarmelo di tasca mia (500$ a seduta).
Complessivamente tutto questo ha avuto l'effetto di allontanare da me i miei dottori e mi ha forzato a mettere in discussione continuamente me stessa e il mio processo decisionale. Mi rendo conto che i medici, continuamente in contatto con donne che fanno (o non fanno) la ricostruzione del seno, magari non sanno cosa vuol dire avere a che fare con una donna che è consapevole della propria mente e del proprio corpo con i relativi bisogni. Capisco anche che i medici devono proteggersi da prassi potenzialmente illecite dal punto di vista medico. Ma la verità è che non tutte le donne equiparano la femminilità con i seni. Noi non possiamo essere considerate tutte uguali come una sorta di "taglia unica" desiderosa di sottoporsi alla chirurgia ricostruttiva anche considerando i tassi di fallimento ad essa associati.
La chirurgia ricostruttiva spesso richiede molteplici revisioni e correzioni nonchè di allontanarsi dal lavoro producendo perdita di reddito. Le donne giovani con famiglia spesso hanno la priorità di essere vicine ai loro figli rispetto alla necessità di guarire da interventi chirurgici multipli. E, come me, alcune donne non vogliono avere un corpo asimmetrico. La scelta di non-ricostruzione, unilaterale o bilaterale, è spesso vista come un percorso meno faticoso anche perchè si tratta di un intervento chirurgico che richiede un recupero più breve e semplice.
Il "Womans Health and Cancer Rights Act" stabilisce che le prestazioni assicurative di ogni donna devono includere la ricostruzione del seno per il quale è stata eseguita la mastectomia, oltre all'intervento sull'altro seno per ripristinare un aspetto simmetrico. Ma proprio come una donna che sceglie di fare la ricostruzione del seno optando per un intervento chirurgico per intervenga anche sul seno rimanente, altre donne possono desiderare di non ricostruire e rimuovere il seno rimanente. Personalmente considero la "mastectomia profilattica controlaterale" una forma di ricostruzione, anche se il termine utilizzato è fuorviante. "Mastectomia bilaterale senza ricostruzione" sarebbe più appropriato perchè non fa riferimento alla funzione profilattica. Per spingere ulteriormente l'idea, ricostruzione "flat" (piatta, pianeggiante, uniforme) è la migliore descrizione.
Cari medici e ricercatori, uscite dalla nostra mente. Smettetela di mettere in discussione le nostre motivazioni e iniziate a rispondere alle nostre esigenze. Le donne che scelgono la ricostruzione flat non vogliono svegliarsi con la pelle del seno conservata, con espansori sotto il pettorale, non vogliono le cosiddette "orecchie di cane" o grasso in eccesso lasciato sotto le braccia. Vogliamo un unico intervento chirurgico e con il minor danno ai nervi possibile. Vogliamo che sia rispettata l'estetica della nostra scelta. Per me gli ideali di bellezza e le aspettative legate al corpo femminile che vengono prospettati sono una forma di tirannia. Mi offende che a fronte di una malattia letale, la conversazione verta sui capelli e le parrucche, sulla ricostruzione e sui programmi "Essere belle per sentirsi bene".
Cerco di sostenere un nuovo paradigma femminile nel quale il seno piatto unilaterale o bilaterale divenga noto e riconosciuto (sia all'interno che all'esterno della comunità del cancro al seno) esattamente come le protesi (interne sotto la pelle o esterne nascoste sotto il reggiseno) che devono essere percepite come una possibile opzione, non come una naturale conclusione. Se non scelgo le protesi o decido di abbandonarle, non devo essere considerata una martire del cancro al seno, ma semplicemente, una persona che non aderisce alla forma prescritta per il corpo femminile. Cerco una cultura dove non ci si preoccupi così tanto di nascondere la nostra malattia piuttosto di guarire i nostri corpi, le nostre menti e la terra sulla quale camminiamo.
L'indossare dei seni finti per me non rappresenta nulla di positivo, nè fisicamente nè emotivamente. Rabbrividisco all'idea di presentare due tipi di corpo, un seno di fronte al pubblico ed uno nel mio appartamento privato.
Mi auguro che nel tempo sempre meno donne debbano combattere, come ho dovuto fare io, per portare avanti le proprie scelte mediche, quelle scelte che loro percepiscono come le migliori per se stesse. Questo è il motivo per cui ho scritto questo articolo e parlo di questo argomento all'esterno. Voglio che le donne vedano quanto siamo belle con e senza seno, così, con il nostro modo d'essere. Non c'è bisogno di indossare protesi se non si desidera indossarle. Siamo libere di definire noi cosa significa essere una donna con il cancro al seno e di ampliare la visione che esiste fuori di noi. Siamo libere di essere noi stesse, vivere la nostra vita e percorrere la nostra strada. Se questo include indossare delle protesi, ok, ma se non lo si desidera non dobbiamo sentirci in dovere di presentare un'immagine di noi che non ci rispecchia.
Se fosse per me, certe immagini di seni piatti dovrebbero essere proiettate su l'edificio più alto di Times Square. L'industria della moda vedrebbe un mercato potenziale ed inizierebbe a fare nuovi indumenti per singoli seni o seni piatti bilaterali. I media mostrerebbero corpi di donne con seni piatti accanto a quelli ricostruiti, entrambi felici ed i medici darebbero più fiducia alle loro pazienti ed alle loro singole scelte ricostruttive. Nessuna dovrebbe sentirsi in dovere di presentare una forma che non la rispecchia.
Che dire Melanie.... un grazie infinito per questo tuo scritto che, non solo va davvero "oltre" il tenore medio dei dibattiti in Italia su questo argomento, ma personalmente è per me una conferma (se mai ce ne fosse bisogno) che non ci sono donne normali da un lato e donne pazze, folli e di controtendenza dall'altro. Esistono solo donne e ciò che desiderano per sè.
In realtà Melly non è sola, ci sono molte altre donne che portano avanti il suo pensiero e/o azione e che si sono definite "flattopper" (dopo il cancro al seno hanno scelto il metodo della "ricostruzione piatta"). Tutte appartenenti alla comunità LGBT o queer? Mah, non saprei. Io le idee sul mio orientamento sessuale eterosessuale ce le ho decisamente chiare e l'articolo di Melly mi è strapiaciuto......
PS Chissà, forse un giorno stamperò questo articolo e lo manderò a quell'oncologo, che sostituendo in un follow up quello mio abituale, mi chiese se non avevo ancora preso l'appuntamento con il chirurgo plastico per la ricostruzione ed alla mia risposta negativa mi fece notare che le mie tette non erano uguali. Chissà se lui ce li ha simmetrici i testicoli.....
Dopo la seduta in piscina quel giorno ho camminato per le strade di New York City pensando a come molte donne scelgono di non ricostruire i loro corpi e di indossare protesi esterne. Ben il 58% delle donne che hanno avuto una mastectomia dopo il cancro o non ricostruiscono il seno oppure lo ricostruiscono per poi decostruilo successivamente (per scelta oppure perchè la ricostruzione è fallita). Ho pensato a quante di quelle donne senza seno non piaceva indossare protesi e presentare l'immagine di una donna con i seni. Prima della mia diagnosi, non avevo mai consapevolmente incontrato una donna con un seno solo o priva di entrambi. Immagino che ci siano molte donne che indossano le protesi esterne con esitazione, fastidio, o anche risentimento.
Perché ci sentiamo così in dovere di trasmettere l'immagine che tutte le donne abbiano il seno? La mia esperienza in piscina quel giorno mi ha ha fatto molto riflettere su come gli ideali di bellezza che riguardano le donne influenzino le donne che hanno incontrato il cancro al seno.
Al momento della prima diagnosi di cancro al seno, una quantità irragionevole di attenzione e di tempo vengono spesi per le questioni estetiche. Ci viene chiesto di vedere un chirurgo plastico per prendere in considerazione le nostre opzioni ricostruttive, ci viene data una prescrizione per acquistare una parrucca, ci distribuiscono volantini che promuovono il messaggio 'Look Good, Feel Good' e poster di cosmetici sono attaccate alle pareti delle sale d'attesa che frequentiamo. Se poi si sceglie di non fare la ricostruire del seno, ci vengono date informazioni e prescrizioni per le protesi esterne. Tutto questo mentre stiamo combattendo una malattia potenzialmente letale.
Al momento della diagnosi, i miei seni erano piuttosto grandi e non potevo immaginare di vivere con un solo seno. Mantenere un seno mi avrebbe costretto ad indossare protesi perchè la simmetria è importante per me, sia fisicamente che mentalmente. Non mi piaceva l'idea di manipolare il mio corpo attraverso la chirurgia con l'inserimento di silicone sotto il muscolo, e neppure spostare muscoli o grasso da una parte del mio corpo all'altra per ricreare un'insensata parvenza di seno. Questi percorsi sono in contrasto con la mia idea di essere una donna ed un essere umano. Così, ho scelto la mastectomia bilaterale senza ricostruzione. Nel settore è chiamata mastectomia profilattica controlaterale.
Se devo essere onesta, c'è voluta un pò di cura, compassione e accettazione per abbracciare il mio corpo nuovo e cambiato. Subentrano novità assolute di ogni tipo, dal costume da bagno, allo shopping, all'abbigliamento estivo che rivela molto di più la parte superiore del corpo. A volte le persone mostrano la loro confusione nel valutare la forma del mio corpo, soprattutto se sono vestita in maniera mascolina. Questo è molto interessante ed in un primo momento mi ha disturbato. Ma ci sono anche momenti diversi come quando un batterista senza gambe, mentre suonava con la sua band in metropolitana, guardò gentilmente il mio petto e poi sorrise così profondamente che ancora mi crogiolo nel ricordo di quel momento. E' proprio in questi momenti di connessione umana così profonda che risiedono guarigione e accettazione.
Mi è stato fatto percepire che la mia scelta di non fare la ricostruzione e di non indossare protesi esterne era anormale e i miei medici mi hanno proposto di vedere uno psichiatra per assicurarsi che ero sana di mente nel mio "processo decisionale controlaterale". Le mie consorelle che avevano scelto la ricostruzione non erano state invitate a giustificare la loro scelta chirurgica da uno psichiatra. Forse il mio medico ha voluto essere del tutto sicuro che dopo la rimozione del seno non avrei rimpianto la mia decisione. Avrei potuto scegliere di mantenere il seno sano ma non ho mai rimpianto la mia decisione.
Questa distorsione è inaccettabile e chiaramente mostra una preferenza per la ricostruzione del seno ed un sorta di "cultura del seno" in generale. E' funzionale anche a rendere difficile per le donne scegliere diversamente. L'esperienza psichiatrica è stata irritante e umiliante. Ho dovuto accettare l'appuntamento contro la mia volontà perché i miei medici non avrebbero realizzato quanto chiedevo senza questa precauzione. Questo mi ha fatto molto arrabbiare. La psichiatra è arrivato in ritardo di 20 minuti. Ero così arrabbiata che tremavo. Ho dovuto convincere questa donna - una sconosciuta - che la mia scelta era valida. Ricordo di aver elencato le mie ragioni, una dopo l'altra nel timore che la mia rabbia prendesse il sopravvento. Terminai la conversazione chiedendole "Sono riuscita a dimostrarle che sono sana di mente?» Lei esitò ed a malincuore rispose "sì". I miei medici hanno continuato ad insistere che avrei potuto ricostruire il seno in qualsiasi momento. Le infermiere mi dicevano che sarei stata "confusa" senza il seno. Forse sono le infermiere ad essere confuse se equiparano le donne al seno. Sono stata anche paragonata ad una donna "disturbata" che, nonostante fosse risultata negativa ai test genetici, continuava a volere la chirurgia profilattica. Ho chiesto alla psichiatra se avevano un gruppo di sostegno per le donne che hanno deciso di non fare la ricostruzione e la risposta era di no. Per aggiungere la beffa al danno, se avessi voluto utilizzare un supporto psicologico per quello che volevo fare avrei dovuto pagarmelo di tasca mia (500$ a seduta).
Complessivamente tutto questo ha avuto l'effetto di allontanare da me i miei dottori e mi ha forzato a mettere in discussione continuamente me stessa e il mio processo decisionale. Mi rendo conto che i medici, continuamente in contatto con donne che fanno (o non fanno) la ricostruzione del seno, magari non sanno cosa vuol dire avere a che fare con una donna che è consapevole della propria mente e del proprio corpo con i relativi bisogni. Capisco anche che i medici devono proteggersi da prassi potenzialmente illecite dal punto di vista medico. Ma la verità è che non tutte le donne equiparano la femminilità con i seni. Noi non possiamo essere considerate tutte uguali come una sorta di "taglia unica" desiderosa di sottoporsi alla chirurgia ricostruttiva anche considerando i tassi di fallimento ad essa associati.
La chirurgia ricostruttiva spesso richiede molteplici revisioni e correzioni nonchè di allontanarsi dal lavoro producendo perdita di reddito. Le donne giovani con famiglia spesso hanno la priorità di essere vicine ai loro figli rispetto alla necessità di guarire da interventi chirurgici multipli. E, come me, alcune donne non vogliono avere un corpo asimmetrico. La scelta di non-ricostruzione, unilaterale o bilaterale, è spesso vista come un percorso meno faticoso anche perchè si tratta di un intervento chirurgico che richiede un recupero più breve e semplice.
Il "Womans Health and Cancer Rights Act" stabilisce che le prestazioni assicurative di ogni donna devono includere la ricostruzione del seno per il quale è stata eseguita la mastectomia, oltre all'intervento sull'altro seno per ripristinare un aspetto simmetrico. Ma proprio come una donna che sceglie di fare la ricostruzione del seno optando per un intervento chirurgico per intervenga anche sul seno rimanente, altre donne possono desiderare di non ricostruire e rimuovere il seno rimanente. Personalmente considero la "mastectomia profilattica controlaterale" una forma di ricostruzione, anche se il termine utilizzato è fuorviante. "Mastectomia bilaterale senza ricostruzione" sarebbe più appropriato perchè non fa riferimento alla funzione profilattica. Per spingere ulteriormente l'idea, ricostruzione "flat" (piatta, pianeggiante, uniforme) è la migliore descrizione.
Cari medici e ricercatori, uscite dalla nostra mente. Smettetela di mettere in discussione le nostre motivazioni e iniziate a rispondere alle nostre esigenze. Le donne che scelgono la ricostruzione flat non vogliono svegliarsi con la pelle del seno conservata, con espansori sotto il pettorale, non vogliono le cosiddette "orecchie di cane" o grasso in eccesso lasciato sotto le braccia. Vogliamo un unico intervento chirurgico e con il minor danno ai nervi possibile. Vogliamo che sia rispettata l'estetica della nostra scelta. Per me gli ideali di bellezza e le aspettative legate al corpo femminile che vengono prospettati sono una forma di tirannia. Mi offende che a fronte di una malattia letale, la conversazione verta sui capelli e le parrucche, sulla ricostruzione e sui programmi "Essere belle per sentirsi bene".
Cerco di sostenere un nuovo paradigma femminile nel quale il seno piatto unilaterale o bilaterale divenga noto e riconosciuto (sia all'interno che all'esterno della comunità del cancro al seno) esattamente come le protesi (interne sotto la pelle o esterne nascoste sotto il reggiseno) che devono essere percepite come una possibile opzione, non come una naturale conclusione. Se non scelgo le protesi o decido di abbandonarle, non devo essere considerata una martire del cancro al seno, ma semplicemente, una persona che non aderisce alla forma prescritta per il corpo femminile. Cerco una cultura dove non ci si preoccupi così tanto di nascondere la nostra malattia piuttosto di guarire i nostri corpi, le nostre menti e la terra sulla quale camminiamo.
L'indossare dei seni finti per me non rappresenta nulla di positivo, nè fisicamente nè emotivamente. Rabbrividisco all'idea di presentare due tipi di corpo, un seno di fronte al pubblico ed uno nel mio appartamento privato.
Mi auguro che nel tempo sempre meno donne debbano combattere, come ho dovuto fare io, per portare avanti le proprie scelte mediche, quelle scelte che loro percepiscono come le migliori per se stesse. Questo è il motivo per cui ho scritto questo articolo e parlo di questo argomento all'esterno. Voglio che le donne vedano quanto siamo belle con e senza seno, così, con il nostro modo d'essere. Non c'è bisogno di indossare protesi se non si desidera indossarle. Siamo libere di definire noi cosa significa essere una donna con il cancro al seno e di ampliare la visione che esiste fuori di noi. Siamo libere di essere noi stesse, vivere la nostra vita e percorrere la nostra strada. Se questo include indossare delle protesi, ok, ma se non lo si desidera non dobbiamo sentirci in dovere di presentare un'immagine di noi che non ci rispecchia.
Se fosse per me, certe immagini di seni piatti dovrebbero essere proiettate su l'edificio più alto di Times Square. L'industria della moda vedrebbe un mercato potenziale ed inizierebbe a fare nuovi indumenti per singoli seni o seni piatti bilaterali. I media mostrerebbero corpi di donne con seni piatti accanto a quelli ricostruiti, entrambi felici ed i medici darebbero più fiducia alle loro pazienti ed alle loro singole scelte ricostruttive. Nessuna dovrebbe sentirsi in dovere di presentare una forma che non la rispecchia.
Che dire Melanie.... un grazie infinito per questo tuo scritto che, non solo va davvero "oltre" il tenore medio dei dibattiti in Italia su questo argomento, ma personalmente è per me una conferma (se mai ce ne fosse bisogno) che non ci sono donne normali da un lato e donne pazze, folli e di controtendenza dall'altro. Esistono solo donne e ciò che desiderano per sè.
In realtà Melly non è sola, ci sono molte altre donne che portano avanti il suo pensiero e/o azione e che si sono definite "flattopper" (dopo il cancro al seno hanno scelto il metodo della "ricostruzione piatta"). Tutte appartenenti alla comunità LGBT o queer? Mah, non saprei. Io le idee sul mio orientamento sessuale eterosessuale ce le ho decisamente chiare e l'articolo di Melly mi è strapiaciuto......
PS Chissà, forse un giorno stamperò questo articolo e lo manderò a quell'oncologo, che sostituendo in un follow up quello mio abituale, mi chiese se non avevo ancora preso l'appuntamento con il chirurgo plastico per la ricostruzione ed alla mia risposta negativa mi fece notare che le mie tette non erano uguali. Chissà se lui ce li ha simmetrici i testicoli.....
che le donne abbiano i seni un po' più sviluppati di quelli dei maschi non è una "prescrizione" di nessuno, ce li hanno anatomicamente e basta come gli uomini normodotati hanno due testicoli: e se una persona subisce una mutilazione di una parte importante (per svariate e legittime ragioni) del suo corpo e vuole la protesi anche per motivi estetici e/o per altri motivi insindacabili ha diritto di averla senza sentirsi dire che "è sottomessa alle aspettative sociali", è libera e consapevole esattamente come chi non vuole la protesi o vuole un altro tipo di ricostruzione: qualunque cosa una persona che ha subito una mutilazione voglia va bene e ha diritto di ottenerla. Concordo con l'articolo quando dice di rispettare i desideri delle pazienti e non mettere in discussione le loro motivazioni, ecco non mettiamo in discussione neanche le motivazioni di chi fa scelte sul suo corpo che ci sembrano "stereotipate" (e non lo sono, sono le scelte di quella persona o di quella percentuale di persone, valide quanto quelle di chiunque altro)
RispondiEliminaLeggitelo bene l'articolo paolo, come al solito i tuoi commenti difendono qualcosa che non viene mai attaccato... mah. Se le donne che fanno o vogliono la ricostruzione si sentono attaccate dovrebbero chiedersi perchè visto che l'articolo è la difesa di altre donne che vogliono altro.... Per quanto riguarda il seno, che dire io metto in discussione tutto e certezze non ne ho, su niente, manco sulle tette, gli altri facciano un pò quel che credono.....
RispondiEliminaSe le donne che fanno o vogliono la ricostruzione si sentono messe in causa (o attaccate nelle loro scelte) dovrebbero chiedersi perchè visto che l'articolo è la difesa di altre donne che vogliono altro mica una crociata per far sparire le tette. In che modo difendere ed aiutare le donne che vogliono altro può ledere in qualche modo quelle che vogliono o fanno la ricostruzione? In che modo difendere il desiderio di una Melanie Testa, che ha dovuto subire di tutto pur di realizzare la sua scelta, offende o lede la libertà delle donne che fanno ricostruzione? Direi in nessun modo. Quindi dove sta il problema? Che bisogno c'è di risottolineare qualcosa che c'è già dovunque e non ha bisogno di essere difeso: la ricostruzione. Questa è la mia scelta di sempre, informare e difendere le donne e gli uomini rispetto alle posizioni minoritarie, quelle a cui non si da voce, quelle che vengono condannate. Le altre posizioni e scelte sono già ampiamente diffuse ed accettate, non hanno bisogno di essere protette. Tutto qui....
RispondiEliminaIo, che pure ho scelto la ricostruzione dopo la mastectomia bilaterale, credo che identificare la femminilità con il seno e/o le ovaie sia veramente offensivo per una donna. La ricostruzione può servire per mantenere integra la propria immagine corporea, se lo si desidera. Anche io ho conosciuto una donna meravigliosa, un medico,completamente piatta dopo la mastectomia. "Quelle robe lì a cosa servono?" mi ha detto ridendo. E io: "servono qui" e le ho indicato la testa. Ognuna con la sua testa ci siamo congedate abbracciandoci come sorelle.
EliminaGrazie cara il tuo intervento mi è piaciuto tantissimo, così autentico ed equilibrato (nessuna ha più ragione di nessun altra), proprio come piacciono a me....
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