Questa storia è particolare. Offre un'ottima fotografia su un tema poco affrontato. Già la questione del cosiddetto caregiver familiare (colui che assiste un familiare gravemente ammalato) è un bel problema di per sè. Se poi il caregiver familiare è pure un lavoratore autonomo, abbiamo fatto bingo. Francesca ci racconta molto bene cosa può succedere..... "Sono una lavoratrice autonoma con madre invalida non ufficialmente a carico. Capita.......
Capita che un giorno, quando i brufoli sono la tua principale fonte di preoccupazione e il bello della classe è irrangiungibile come Urano a occhio nudo, a tua madre viene la brillante idea di farsi scoppiare un’aneurisma in testa. Mica uno di quelli che ti lasciano così come ti hanno trovato, no, uno di quelli con il gadget di serie: un’emiparesi che se non la prendi in tempo puoi vantare la perdita dell’autonomia.
E così abbandoni la scuola e il sogno di diventare giornalista. Capita.
Capita pure che poi cinque anni dopo, quando tua madre si riprende un po’ e torna a lavoro costretta da un’invalidità riconosciuta solo al 50%, quindi pensione e accompagno not included, tu cerchi di riprenderti qualche pagina della tua vita e non riesci perché senza diploma e senza esperienza coltivi una certa amicizia con le porte sbattute in faccia.
E allora, ideona: ti metti in proprio. Sì, ti inventi il lavoro, chettefrega.
Compri un pc, inizi a smanettare con i primi codici, vendi il primo sito quando ancora non sai farne mezzo. Qualcuno ti crede, capisci che puoi. Evvai. Hai trovato lavoro. Studi, ti formi, la notte la passi tra forum di settore e testa sbattuta sulla tastiera, la gobba leopardiana comincia ad essere un vanto.
I primi lavori li fai a nero, perché è un battesimo.
Poi ti nuota in testa l’idea che sei un po’ ladra, e d’altronde lo è chiunque svolge un lavoro autonomo, anche se in regola con il fisco. Non lo dici tu, lo dicono i sindacati che, si sa, sono allergici alle partite iva e agli indipendenti. Capita.
Capita quindi che apri partita iva perché fa figo e professionale, e anche perché è giusto. O almeno così dicono: “E’ per te, per la pensione, emetticasotisuccedequalcosa…”
Sì.
Versi l’inversabile, su mille euro guadagnati, dalle tasche scappa quasi la metà. Ma ce la fai perché sei un autonomo allevato a risolversi le rogne da solo e perché sei brava, perché hai capito che vendere vale più di sviluppare e via così, voli, voli voli e poi sdong! Tua madre si inventa un nuovo gioco sanitario: ulcera perforante, bronchite cronica, problemi sparsi in giro per la penisola anatomica e la tua partita iva, insieme a tutta la tua attività, clienti compresi, volano dalla finestra facendo un triplocarpiato schiandandosi a terra.
Capita.
Capita che stai due anni fuorigioco mentre tua madre non percepisce un euro, viene prepensionata dalla pubblica amministrazione per l’assenza secolare e ti ritrovi a dover accudire lei, lavorare e, se ti rimane un pezzo, salvi pure il mondo dall’incubo dell’INPS che all’ennesimo ufficio che ti fa girare, ti chiama i carabinieri perché hai deciso di non fare più Gigi la trottola per i diritti del malato.
Riesci a risollevarti di nuovo.
E mentre si vede la tua cresta spuntare dal monterozzo dei problemi, a tua madre viene una bella ischemia, tanto per gradire.
E lì decidi che se continui ad accudire lei, un giorno nessuno, nemmeno i soldi, accudiranno te nel caso in cui ti dovesse cominciare a piacere il gioco dello stare male.
Prendi una decisione ferale: ricoverarla in RSA. A 1800 euro al mese, tutte a carico della famiglia. Praticamente te e tuo fratello. Non vivi per altro che per pagare la salvezza di tua madre mentre il mondo continua a vederti come quella "beata te che puoi fare come ti pare".
Capita.
Capita poi che ti ammali anche tu e sai che non puoi permettertelo perché c'è lei, perché devi crearti un futuro tu, perché tu, come lavoratore autonomo, non hai diritto alla 104, alla malattia, alle ferie, alla disoccupazione, a vivere in mezzo ai lavoratori dipendenti senza sentirti dire da qualcuno che sei una beata ladra.
E allora non ti rimane altro da fare che lavorare di più, ignorare malattie tue e di altri, diventare il top di gamma, pregare un qualsiasi Dio affinché la smetta di giocare al bastone tra le ruote e ti permetta, a 31 anni, di crearti un futuro mentre tenti di salvare anche quello di tua madre.
Tu lo sai, lo sai benissimo di non avere diritti per lo stato italiano. Tu sei il bancomat silenzioso che la sera torna a casa alle dieci con la valigetta piena di sfide vinte, di notti insonni, di clienti da prendere a pappine quando non saldano, fiera, ma consapevole di essere in piedi senza scarpe su un tappeto di chiodi che ricopre l’ultimo gradino della scala del lavoratore da salvare.
Capita, ma per chi torna a casa alle sei del pomeriggio e per lo stato in generale, tu sei ricca, sei immune dalle malattie e soprattutto sei una ladra.
Francesca L. - Consulente esperta di siti web (Civitavecchia)
Leggi Le Altre Storie su lavoratori autonomi e malattia
Capita che un giorno, quando i brufoli sono la tua principale fonte di preoccupazione e il bello della classe è irrangiungibile come Urano a occhio nudo, a tua madre viene la brillante idea di farsi scoppiare un’aneurisma in testa. Mica uno di quelli che ti lasciano così come ti hanno trovato, no, uno di quelli con il gadget di serie: un’emiparesi che se non la prendi in tempo puoi vantare la perdita dell’autonomia.
E così abbandoni la scuola e il sogno di diventare giornalista. Capita.
Capita pure che poi cinque anni dopo, quando tua madre si riprende un po’ e torna a lavoro costretta da un’invalidità riconosciuta solo al 50%, quindi pensione e accompagno not included, tu cerchi di riprenderti qualche pagina della tua vita e non riesci perché senza diploma e senza esperienza coltivi una certa amicizia con le porte sbattute in faccia.
E allora, ideona: ti metti in proprio. Sì, ti inventi il lavoro, chettefrega.
Compri un pc, inizi a smanettare con i primi codici, vendi il primo sito quando ancora non sai farne mezzo. Qualcuno ti crede, capisci che puoi. Evvai. Hai trovato lavoro. Studi, ti formi, la notte la passi tra forum di settore e testa sbattuta sulla tastiera, la gobba leopardiana comincia ad essere un vanto.
I primi lavori li fai a nero, perché è un battesimo.
Poi ti nuota in testa l’idea che sei un po’ ladra, e d’altronde lo è chiunque svolge un lavoro autonomo, anche se in regola con il fisco. Non lo dici tu, lo dicono i sindacati che, si sa, sono allergici alle partite iva e agli indipendenti. Capita.
Capita quindi che apri partita iva perché fa figo e professionale, e anche perché è giusto. O almeno così dicono: “E’ per te, per la pensione, emetticasotisuccedequalcosa…”
Sì.
Versi l’inversabile, su mille euro guadagnati, dalle tasche scappa quasi la metà. Ma ce la fai perché sei un autonomo allevato a risolversi le rogne da solo e perché sei brava, perché hai capito che vendere vale più di sviluppare e via così, voli, voli voli e poi sdong! Tua madre si inventa un nuovo gioco sanitario: ulcera perforante, bronchite cronica, problemi sparsi in giro per la penisola anatomica e la tua partita iva, insieme a tutta la tua attività, clienti compresi, volano dalla finestra facendo un triplocarpiato schiandandosi a terra.
Capita.
Capita che stai due anni fuorigioco mentre tua madre non percepisce un euro, viene prepensionata dalla pubblica amministrazione per l’assenza secolare e ti ritrovi a dover accudire lei, lavorare e, se ti rimane un pezzo, salvi pure il mondo dall’incubo dell’INPS che all’ennesimo ufficio che ti fa girare, ti chiama i carabinieri perché hai deciso di non fare più Gigi la trottola per i diritti del malato.
Riesci a risollevarti di nuovo.
E mentre si vede la tua cresta spuntare dal monterozzo dei problemi, a tua madre viene una bella ischemia, tanto per gradire.
E lì decidi che se continui ad accudire lei, un giorno nessuno, nemmeno i soldi, accudiranno te nel caso in cui ti dovesse cominciare a piacere il gioco dello stare male.
Prendi una decisione ferale: ricoverarla in RSA. A 1800 euro al mese, tutte a carico della famiglia. Praticamente te e tuo fratello. Non vivi per altro che per pagare la salvezza di tua madre mentre il mondo continua a vederti come quella "beata te che puoi fare come ti pare".
Capita.
Capita poi che ti ammali anche tu e sai che non puoi permettertelo perché c'è lei, perché devi crearti un futuro tu, perché tu, come lavoratore autonomo, non hai diritto alla 104, alla malattia, alle ferie, alla disoccupazione, a vivere in mezzo ai lavoratori dipendenti senza sentirti dire da qualcuno che sei una beata ladra.
E allora non ti rimane altro da fare che lavorare di più, ignorare malattie tue e di altri, diventare il top di gamma, pregare un qualsiasi Dio affinché la smetta di giocare al bastone tra le ruote e ti permetta, a 31 anni, di crearti un futuro mentre tenti di salvare anche quello di tua madre.
Tu lo sai, lo sai benissimo di non avere diritti per lo stato italiano. Tu sei il bancomat silenzioso che la sera torna a casa alle dieci con la valigetta piena di sfide vinte, di notti insonni, di clienti da prendere a pappine quando non saldano, fiera, ma consapevole di essere in piedi senza scarpe su un tappeto di chiodi che ricopre l’ultimo gradino della scala del lavoratore da salvare.
Capita, ma per chi torna a casa alle sei del pomeriggio e per lo stato in generale, tu sei ricca, sei immune dalle malattie e soprattutto sei una ladra.
Francesca L. - Consulente esperta di siti web (Civitavecchia)
Leggi Le Altre Storie su lavoratori autonomi e malattia
"Conosci" Francesca online e da quello che racconta e quello che fa ti sembra già una tosta. Poi leggi questo post e ti rendi conto che considerarla solo tosta è stato un insulto.
RispondiEliminaScusami, tu non sei tosta; sei una persona per la quale io, nel mio ridotto dizionario, non trovo le parole giuste.
Se da ammirare e sei un esempio da seguire!
Ciao, Visuddhi!
l'anonimo ha detto tutto :) Vai Fra!
EliminaLe cose stanno esattamente così, anzi peggio perché meno edulcorate dalla narrazione. Francesca è forte, fortissima, ma come tutti avrebbe bisogno di una tregua. Servirebbe la serenità delle spalle coperte almeno un po' dallo stato che, invece della 13a a Natale ti regala l'anticipo di tasse da pagare per l'anno successivo e ti lascia solo a prenderti cura dei familiari in difficoltà.
RispondiEliminaGrazie per questo post e per quello che fai Daniela :)
Conosco Fran da molti anni, da quando frequentavamo la IV C. Nessuna delle due ha terminato quel liceo e oggi forse mi dico che è meglio così. Da quel periodo sembra passato un secolo eppure la nostra amicizia si è rafforzata e anche se ora viviamo a più di 600 km di distanza sappiamo che l'una può contare sull'altra. Oggi siamo entrambe lavoratrici autonome senza diritti e con tanti doveri verso lo stato, il fisco, le assicurazioni, le pensioni, i contributi, le tasse, i controlli di ogni sorta perchè se lavori in proprio di certo stai cercando di fregare lo stato e gli altri, di certo stai rubando. Ma non ci piegheremo, perchè crediamo nel nostro progetto, perchè crediamo nella soddisfazione di non affidare la nostra vita nelle mani di chi ne sa meno di noi, solo noi siamo responsabili dei nostri successi e delle nostre sconfitte, "nonostante chi torna a casa alle sei del pomeriggio e per lo stato in generale, noi siamo ricche, siamo immuni dalle malattie e soprattutto siamo delle ladre."
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