"Quando mi sono ammalata lavoravo da dodici anni nell’ufficio stampa della Provincia di Padova. Da dieci ero capo ufficio. All’inizio ero co.co.co., per un paio d’anni, poi su “richiesta” dell’amministrazione ho aperto la partita Iva. Ogni mese, stessa fattura. Venivo rinnovata di anno in anno, o di sei mesi in sei mesi. Per un caso, la mia odissea sanitaria e quella professionale sono iniziate lo stesso giorno: il 1. agosto 2011 ho fatto la prima ecografia per il nodulo al seno e mi è arrivata la voce che un’altra persona stava per prendere il mio posto.
Entrambi i sospetti si sono poi concretizzati. Non ho perso il lavoro per colpa della malattia. Così avevano deciso e così hanno fatto. Tra l’altro per l’operazione ho perso solo tre giorni di lavoro e continuavo ad andare in ufficio anche durante la chemio, perché per fortuna la impattavo discretamente. Ho chiesto più volte un incontro con la presidente dell’amministrazione provinciale, Barbara Degani, attuale sottosegretario all’Ambiente, per sapere quale sarebbe stato il mio destino dopo lo scadere del contratto. Mi ha anche dato tre o quattro appuntamenti, ma poi non si è mai presentata. Il 12 gennaio 2012, tra il quarto e il quinto ciclo di chemio, è stata convocata una riunione nel corso della quale è stato presentato il nuovo capo ufficio stampa. L’allora presidente ha detto che io sarei passata al settore ambiente. In realtà il settore ambiente, insieme a quello sicurezza, mi ha affidato un paio di incarichi per alcuni mesi, poi più nulla. L’Inpgi – Istituto nazionale previdenza giornalisti italiani – non prevede forme di tutela per i disoccupati con partita Iva. Il sindacato mi ha fissato un appuntamento con un avvocato, che però aveva dei problemi di compatibilità. Ho chiesto di averne un altro, ma niente da fare. Ora ho delle collaborazioni, ma non sono sufficienti per pagare un affitto. Lo scorso ottobre ho dovuto abbandonare l’appartamento dove vivevo con mia figlia. Questo è quanto."
Madina F. (Padova)
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