Un'antica storia asiatica narra che un uomo andò dal suo re che aveva grande fama di saggezza e gli chiese: "Sire, dimmi, esiste la libertà nella vita?" Il re gli rispose: "Certo,
quante gambe hai?" L'uomo si guardò sorpreso e risponse due. Allora il
re gli chiese se era in grado di stare su una gamba sola e l'uomo risponse
in modo affermativo. Infine il re gli disse: "Bene allora decidi su
quale!" L'uomo decise di tirare sù la sinistra e si sentì dire: "Bene e
ora tira su anche l'altra" Allora l'uomo disse al re che non era
possibile e quello rispose: "Vedi? Questa è la libertà. Sei libero, ma solo
di prendere la prima decisione, poi non più."
Il concetto di libertà mi ha sempre affascinato moltissimo sin dai tempi del liceo quando studiavo filosofia. Dopo la diagnosi di tumore, la libertà ha assunto connotazioni molteplici e mi ci devo confrontare continuamente in ogni mia scelta. Rispetto ad un tumore non è così semplice definire cosa scegli e cosa no, in che misura puoi scegliere qualcosa e quanto sei libera. Se poi sei una lavoratrice autonoma è ancora più complicato e le interazioni tra le diverse variabili ti incasinano la vita non poco.
Ho scelto di avere un tumore?
D'istinto chiunque risponderebbe "certo che no!". Ma anche qua ci sarebbe da discutere a lungo....Vai a sapere le concatenazioni causa-effetto che ci stanno dietro, magari in uno degli anelli della catena ho fatto una scelta che mi ha avvicinato alla realtà della mia tetta andata? Chi può dirlo. Siccome è molto difficile determinarlo e se anche fosse ormai è tardi, c'ho un tumore, mi devo accollare pure i sensi di colpa? Anche no. Forse è sano allora fare "come se" su questo effettivamente scelta da parte mia non ci sia stata. In questo caso ho scelto di non infierire su di me perchè mi voglio bene e perchè di gatte da pelare nè ho già a sufficienza.
Sono veramente libera di scegliere come curarmi?
Visto l'art.32 della nostra Costituzione (“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario”) e l’art.5, lettera C della Dichiarazione di Helsinki (”il trattamento di un paziente, laddove non esistano comprovati metodi preventivi, diagnostici e terapeutici o questi siano inefficaci, il medico, con il consenso informato del paziente, deve essere libero di usare mezzi preventivi, diagnostici e terapeutici non provati o nuovi, se a giudizio del medico essi offrono speranza di salvare la vita, ristabilire la salute o alleviare la sofferenza”), parrebbe proprio di sì. Pure nei fogli del consenso informato c'è scritto che dichiari di aver ricevuto tutte le informazioni del caso, la possibilità delle terapie alternative e tutte le relative conseguenze (che poi nella realtà tu venga veramente informata di tutto, è tutta un'altra storia.....).
Quindi un paziente può scegliere. Ma quale prezzo relazionale, sociale e culturale devo pagare per portare avanti la mia scelta autonoma?. Quali sguardi dovrò sostenere? Da quali e quanti attacchi mi dovrò difendere affinchè non vengano risvegliati i miei sensi di colpa e la mia paura? Non solo, quale prezzo materiale ed economico mi dovrò accollare per questa mia liberta?
Insomma, pare semplice, ma mica lo è in realtà. Provare per credere. Io ho scelto di non fare la terapia anti-ormonale e qualche problemino intorno a me l'ho avuto. Dai medici me lo aspettavo, dalle altre donne operate al seno, no. Ma questo è un altro post.....
Problemi non solo relazionali ma anche materiali. Non ho scelto la terapia oncologica da protocollo medico standard e non sceglierò la ricostruzione del seno (anche quello indirettamente è un protocollo standard per le donne ancora giovani). Quindi? Quindi migliaia di euro di risparmio per la mia Asl. Tutti quei soldi però mica vanno a me per finanziare il mio protocollo personalizzato..... Alla faccia della mia libertà di scelta.
In ogni caso per un lavoratore autonomo la libertà di scelta rispetto alle terapie è decisamente più limitata. Ci sono terapie molto invasive che non solo necessitano di tempo per essere realizzate ma, dopo, lasciano strascichi notevoli in termini fisici e psichici. Quindi.....ti senti sempre ad un bivio. Che faccio? Mi curo come vorrei, ma riduco o perdo il lavoro oppure cerco di guadagnarmi da vivere rimanendo nel giro ma penalizzo le mie terapie? Uno dei numerosi motivi per cui ho ritenuto che per me la terapia antiormonale non andava bene è stato anche il mio tipo di lavoro che richiede di essere sempre performante non tanto per un delirio di narcisismo sfrenato quanto perchè sennò non mangi.....
Un tumore rende più liberi?
Sembra un paradosso, ma in realtà sì, in effetti un cancro ti rende più libera. E' come se passasse un treno, puoi semplicemente vederlo scorrere davanti a te senza poter fare nulla e soprattutto vederlo solo come un treno con i suoi vagoni, i finestrini e tutto ciò che lo contraddistingue, oppure..... usarlo. Io adesso ho la mia Cancer Card che mi dà accesso ad alcuni privilegi che non sono niente male....Cercarlo, certo che no, ma una volta che un tumore è arrivato, che ti ha "graziato", a quel punto....tanto vale sfruttarlo fino in fondo, no? E allora, via.....ti puoi liberare di tutte quelle mediazioni "formali" che avvelenano la vita e dire di no, senza grossi problemi, a tutta una serie di stimoli e richieste più o meno importanti. Ma soprattutto..... puoi rischiare di più, puoi osare, puoi inseguire i tuoi sogni perchè la cosa peggiore che ti può succedere, in fin dei conti, è morire no? Con un tumore già ti ci sei avvicinato e nell'ordine di idee ci sei già entrato, quindi...... Qualsiasi altra cosa apparirà più facile, più gestibile, più fattibile e raggiungibile.
Per esempio portare al Governo Italiano decine di migliaia di firme raccolte con la Petizione "Diritti e assistenza ai lavoratori autonomi che si ammalano".......
un tumore rende più liberi, più forti. più cattivi. Se ne faceva a meno, intendiamoci, ma adesso ho buttato definitivamente alle ortiche tutti gli scrupoli che mi impedivano di realizzare la vita che volevo io, e di non lubrificare quella degli altri. Credevo che questa reazione fosse solo mia, e mi sono detta: se questo è quello che provo, vuol dire che va bene così, non mi importa sapere se sia o meno normale. E' normale per me, e va bene. Ma è bello apprendere che altre donne la pensano come me.
RispondiEliminaun sospetto tumore mi ha reso libera di fare la scelta della mia vita: smettere di mangiare animali. Scelta rimandata per anni per timore delle reazioni della gente. "nella mia condizione" nessuno ha osato replicare, e quanto la crisi è finita tutti hanno sperato che anche la mia "pazzia" alimentare finisse; ma così non è stato. perché a quel punto, ero diventata forte, fortissima. Oltre che più libera dentro.
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